MASSIMILIANO BADIALI

   
 Massimiliano Badiali, ospite d'onore espone la coppa dopo aver parlato della Onlus Mecenate e del Labirintismo
                                
            Il critico labirintista Mauro Montacchiesi e il fondatore del Labirintismo prof. Massimiliano Badiali, ospite d'Onore

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I POETI  LUCIANO SOMMA, MASSIMILIANO BADIALI, IRENE SPARAGNA, MAURO MONTACCHIESI E AURELIO DE ROSE

 

SU MASSIMILIANO BADIALI OSPITE D'ONORE
“…in rivoli di solitudine di fiori opachi” (Dalla poesia-La malattia mortale)
Verso, questo, che mi riconduce, per analogia, interpretazione, pàthos ed emozione,
alla struggente malinconia, all’ ostinata solitudine di Marcel Proust, interrotta soltanto da brevi riapparizioni in società e dagli incontri con pochi amici e letterati.
E, come in Proust, evinco l’esigenza di una ricerca tesa a recuperare l’essenza di quanto nel passato fu vissuto solo come esistenza immediata, l’ esigenza di una ricerca tesa a trasformare in presente assoluto quanto era stato consumato come tempo e, perciò, spesso vanificato e perduto “…Perché la vocazione non ebbi come dono soprannaturale?” (Dalla poesia-La malattia mortale).
***“…ma nell’oscura soffitta/il vuoto terribile d’ ossessione/mi rimbomba dentro/ha la voce dell’inferno/in gola alla disperazione:”(Dalla poesia-La malattia mortale)
Questi versi, come potrebbero non ricondurre a Franz Kafka? In lui, l’ isolamento, fu forse più marcato che in Proust, dettato, soprattutto, dai tormenti d’amore, fino a che trovò una ragione di vita accanto a Dora Dymant. Ricorrente è in Kafka, e la stessa ricorrenza evinco dalla sua poesia, dalle sue poesie, Prof. Badiali, la capacità di trasformare in un’ atmosfera di magia ed allucinazione, il problema dell’incomunicabile solitudine della creatura umana in senso lato e del poeta in senso stretto. Creatura umana o poeta, prigioniero in un mondo che non riesce a comprendere.
Ne “Il castello” (postumo-1926-di Franz Kafka), è l’ uomo stesso a cercare la propria accusa, spinto dalla ricerca ossessiva “…il vuoto terribile d’ ossessione” (Dalla poesia-La malattia mortale), spinto dalla ricerca ossessiva di una verità che non si può attingere, se non nella morte (liberazione dalla materia-Labirintismo).
“Da questa angoscia esistenziale,/ liberami…” (Dalla poesia-La malattia mortale).
In questi versi, l’elemento kafkiano è ancor più marcato!
***“Tra ossi di seppia/ebbri di luna…”  (Dalla poesia-La malattia mortale)
La sua poesia, Prof. Badiali, si conclude con l’idea montaliana di cose spente, contemplate come apparizioni indecifrabili in un’ atmosfera di remoto stupore. Un colloquio con la natura, che spinge lontano dalla verità: non resta che “Il male di vivere”, non resta che l’angoscia esistenziale per la crudeltà di un mondo ostile ed indecifrabile da cui sembra impossibile evadere.
***La poesia, nel suo insieme, può essere azzardatamene e cripticamente riconducibile, a tratti, a James Joyce e, soprattutto radicalizzando il concetto, al suo romanzo Ulisse-1922-(..irresoluti Ulisse-Labirintismo), al suo “flusso di coscienza”, (presente anche in Proust)
cioè al libero monologo interiore. Una meravigliosa, allucinante visione notturna, spinta oltre i confini del mondo dei sogni “…che lampada dei sogni un giorno infranse” “Spesso sogno/ e sangue d’ azzurro…” (Dalla poesia-la malattia mortale)
***Prof. Badiali, mi sono soffermato soltanto su una delle sue poesie o, meglio, su alcuni versi di una sua poesia, poiché sarebbe utopistico per me soltanto pensare di condensare in poche parole il suo repertorio così sconfinato e variegato.
Proust, Kafka, Montale, Joyce. Non ho scelto a caso questi autori, né a caso ho impostato la loro cronologia. Questa mia critica, seppur epigrafica ed estemporanea, contiene un messaggio subliminale di grande auspicio.
Professor Badiali, è impossibile, almeno per me, attribuirLe un’ unica connotazione letteraria, considerando il sincretismo della sua vasta cultura.
Mi appresto all’epilogo con un assunto labirintista, asserendo che Lei è legato ad un doppio Filo di Arianna, laico e teologico, che risulta essere la sua taumaturgica panacea esistenziale.
Laico, in quanto ragione, in quanto speculazione lirica! Teologico, in quanto fede, in quanto
“…liberami, Celeste Madre Immortale!” (Dalla poesia-La malattia mortale)
Un connubio perfetto che ben si coniuga con i principi tomistici, ovvero con la conciliabilità
di ragione e fede postulata da San Tommaso D’ Aquino.
Quest’ultimo elemento la distingue nettamente e, secondo me, favorevolmente, dai prefàti autori.
 
 
MAURO MONTACCHIESI
 
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