TESINA INTERDISCIPLINARE

PROF. MASSIMILIANO BADIALI

 

PRESENTAZIONE

L’uomo di ogni tempo è caratterizzato da una carica di aggressività, che in diverse manifestazioni e tempi si rivela nella storia, come nella Grande Guerra. Chi si rifiuta di accettare l’aggressività o scrive poesia (Ungaretti) o fugge nei meandri del tempo (Virginia Woolf). L’aggressività è forse un istinto naturale: la lotta per l’esistenza fa sì che l’uomo non cacci più, ma che continui a nutrirsi delle carni, per esigenza o per abitudine. E l’aggressività è anche nella competizione dei mercati, che impongono regole ferree allo Stato. La nostra è una corsa all’industrializzazione, che dal Novecento ad ora ha evidenziato che l’uomo continua anche nel 2000 a lottare per la sopravvivenza. Il diffondersi delle arti marziali ha esplicitato che l’aggressività diviene oggi mezzo di difesa e di sopravvivenza.

STORIA

  • Le cause e La Prima Guerra Mondiale

DIRITTO

- L’inflazione e la disoccupazione

ITALIANO

  • Giuseppe Ungaretti : in particolare L’Allegria di Naufragi

INGLESE

  • Virgina Woolf: lo stream of consciousness

MERCEOLOGIA

  • Fibre animali e vegetali

SCIENZE DEGLI ALIMENTI

  • La carne

EDUCAZIONE FISICA

- Le arti marziali: in particolare il Judo

 

 

Il primo quindicennio del XX secolo fu un periodo di progresso industriale. Esso nascondeva tuttavia, sia sul piano delle rivendicazioni nazionalistiche, sia su quello delle istanze sociali, notevoli contraddizioni. Le cause di questo spaventoso incendio che ha devastato l'Europa dal 1914 a1 1918 sono ben più complesse e articolate, soprattutto, per quel che riguarda l'Italia, paese comprimario più che protagonista, trainato più che trainante. Trainato da una situazione della quale gli alberi motore sono le grandi potenze europee tradizionali, l'impero austriaco, la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Russia. Nella contesa fra queste nazioni ci sono le radici del grande scontro. Indispensabile perciò fare il punto, sia pur molto sinteticamente, di questa situazione. Negli anni precedenti il 1914 la politica del cancelliere tedesco Otto von Bismarck, dopo la vittoriosa guerra contro la Francia, aveva portato alla creazione di uno strumento teso a garantire la conservazione della pace in Europa. La "Triplice Alleanza", firmata nel 1882, che univa Germania, Austria, Italia. Nel quadro del patto, l'alleanza fra gli imperatori russo, tedesco, austriaco e una politica di buoni rapporti con l'Inghilterra. Ma la convivenza non è facile. La tendenza degli imperi centrali all'espansione nei Balcani cozza contro le aspirazioni dello Zar su questi territori. L'Inghilterra dal canto suo vede con preoccupazione un altro interesse della Russia, quello per l'Estremo Oriente, e con altrettanta preoccupazione il veloce sviluppo della potenza economica, commerciale e militare della Germania che, con la politica di espansione mondiale ispirata dall'imperatore Guglielmo II, tende a conquistare anche i mercati mediorientali. In allarme anche la Francia, dati i precedenti. Considerata il quadro, gli inglesi si muovono per non trovarsi presi in contropiede. Bloccano l'azione della politica zarista verso l'Estremo Oriente facendo un'alleanza col Giappone (1902) e avvicinandosi alla Francia, che a sua volta aveva cominciato a seminare zizzania nella "Triplice" facendo alcune convenzioni con l'Italia, la più interessante delle quali dava via libera al governo italiano per la conquista della Libia in cambio della nostra neutralità in caso di attacco alla Francia. Nell'aprile del 1904 Francia e Gran Bretagna si legano con un'alleanza informale, l'"Entente cordiale", l'Intesa cordiale. Nell'agosto del 1907 sensazionale voltafaccia della Russia: lo Zar stipula un'alleanza con l'Inghilterra. La spinta all'accordo viene dalla sconfitta in Estremo Oriente, dal bisogno di pace dopo i primi moti rivoluzionari del 1905, che fanno vacillare il trono dell'imperatore Nicola II, dall'abbandono inglese del dogma dell'intangibilità della Turchia, Paese che sta entrando sempre più nella sfera di influenza germanica. Dopo la modifica dei due blocchi - che vede contrapposte Italia, Germania, Austria, legate dalla Triplice Alleanza, e Inghilterra, Francia Russia, unite informalmente nell'Intesa - seguono alcuni anni di bonaccia durante i quali tuttavia non mancano momenti critici. Il più grave l'annessione, nel 1908, della Bosnia Erzegovina da parte dell'Austria. L'episodio provoca l'indignazione della Russia, alla quale si uniscono Londra e Parigi, e violente manifestazioni dei nazionalisti serbi. Il conflitto viene evitato soltanto a causa dell'impreparazione militare dell'esercito zarista. Certamente gli storici evidenziano che le guerre spesso nascono come compensazione interna allo stato sociale interno: in tutta Europa la disoccupazione era fortissima e anche l’inflazione. La teoria di Keynes, partendo dal presupposto che la situazione normale del regime capitalistico è un livello variabile di occupazione, in contrasto con le teorie classiche tradizionali che consideravano normale l'equilibrio stabile al livello di pieno impiego, ha lo scopo di analizzare le forze che determinano il volume complessivo dell'occupazione e della produzione e di spiegare l'esistenza di una disoccupazione involontaria permanente. Se per gli economisti classici la disoccupazione, considerata solo come volontaria, era il risultato di un'insufficiente elasticità dei salari, per Keynes essa deriva da una deficienza della domanda effettiva totale che determina un equilibrio di sottoccupazione. Poiché la domanda di beni di consumo, retta dalla legge della propensione al consumo, tende a diminuire in valore relativo all'aumentare del reddito, la domanda effettiva determinerà un incremento dell'occupazione solo se aumenteranno gli investimenti. La propensione all'investimento, a sua volta, dipende dal rapporto fra la redditività prevista dei nuovi investimenti (efficienza marginale del capitale) e il tasso di interesse legato al grado di preferenza per la liquidità e alla quantità di moneta. Tre fattori, quindi, possono causare una sottoccupazione nel capitalismo contemporaneo: la diminuzione relativa delle spese per beni di consumo che deriva dalla disuguaglianza nella distribuzione del reddito, l'instabilità e la tendenza al declino nel lungo periodo dell'efficienza marginale del capitale, dovuta al decremento dei rendimenti presunti, e un livello troppo alto del tasso di interesse che, in quanto determina l'efficienza marginale del capitale, provoca la diminuzione della propensione all'investimento. Non esistendo alcun rimedio automatico alla disoccupazione, secondo Keynes è compito dello Stato tentare di raggiungere e di mantenere la piena occupazione mediante un'adeguata politica economica. Tale politica deve consistere nell'elevare la propensione al consumo mediante l'adozione di un sistema di tassazione progressiva tale da redistribuire più equamente il reddito; nel favorire gli investimenti privati diminuendo il tasso di interesse; nell'incrementare gli investimenti pubblici particolarmente nei periodi di depressione. La rivoluzione portata da Keynes nella teoria economica, sovvertendo i princìpi ormai cristallizzati dell'economia classica tra cui quello del laissez faire, va ben oltre la spiegazione della sottoccupazione e gli enunciati di politica economica. La nota originale del pensiero keynesiano consiste in modo particolare nel metodo di analisi: per il suo carattere

 

"generale" (in opposizione alla teoria classica che considerava solo il caso "particolare" dell'equilibrio stabile al livello di piena occupazione), per il suo uso delle quantità globali (in contrapposizione al punto di vista microeconomico), il fatto di insistere su determinate variabili (consumo, investimenti, tasso di interesse). D'altra parte Keynes ha influenzato non solo la teoria ma anche la politica economica pratica, soprattutto nell'ambito congiunturale e dell'azione contro la disoccupazione e l'inflazione. Keynes ha inventato una nuova branca della teoria economica, la macroeconomia, ossia lo studio del comportamento del sistema economico nel suo complesso, e non lo studio del comportamento di individui, imprese o settori industriali. Fra le molte definizioni date d’inflazione, secondo le teorie recenti, si parla di eccedenza della domanda globale sull’offerta globale: cioè ci si riferisce ai due fenomeni congiunti dell'aumento dei prezzi e alla diminuzione del potere d'acquisto della moneta, causati spesso dal disordine economico e dai turbamenti sociali. L’inflazione è, secondo Keynes, l’aumento del potere di acquisto al quale non segue il simultaneo aumento della produzione complessiva. Invece oggi si ritiene in genere come aumento dei prezzi, a causa dell’eccessiva circolazione di moneta. A testimonianza di ciò l'economista Irving Fischer elaborò nel XIX° sec. la teoria quantitativa della moneta, nella quale egli affermò che un aumento della quantità di moneta in circolazione provocava un aumento del livello generale dei prezzi, se restano ferme le altre grandezze del sistema. Ciò è espresso dalla seguente formula V*M=p*T ove :

V= velocità di circolazione della moneta,

p= livello generale dei prezzi,

M= numero unità monetarie circolanti,

T= ammontare complessivo degli scambi effettuati in un anno. Forse per tutte queste motivazioni finanziarie, per l’alta disoccupazione e la povertà interna, ogni stato si risolse a attaccare altri come sfogo delle tensioni interne. La prima guerra imperialistica del 1914-1918 operò un "risanamento" gigantesco dell'economia capitalista, ingorgata da enormi eccedenze di capitali accumulati durante la sua espansione imperialistica e coloniale. Al mercato mondiale saturo di merci si sostituì il mercato insaziabile della guerra nel quale furono adoperati in massa mezzi di produzione e forze di lavoro, del lavoro morto e del lavoro vivo. Ad una riproduzione progressiva, estesa, ad un consumo produttivo, successero una produzione regressiva e ristretta ed un consumo distruttivo. Il capitalismo divorò la sua propria sostanza. Non solo le distruzioni e le spese della guerra dissiparono la metà delle ricchezze totali possedute nel 1914 dagli stati partecipanti, ma la tensione dell'apparato economico relativamente alla produzione di guerra ridusse anche i redditi nazionali di circa il 40 per cento; ma per di più il 50 p. c. di questi redditi ridotti fu dedicato, sotto forma di imposte, al finanziamento di circa il terzo delle spese totali, riducendo così il livello di vita delle masse non combattenti allo stretto minimo fisiologico. I rimanenti due terzi delle spese furono prelevati sul capitale sociale esistente; le ricchezze, così totalmente, furono sostituite da un capitale fittizio che prese due forme essenziali: la carta moneta e il titolo di prestito. Benché si fosse distrutta la metà del capitale sociale, si dovette ancora impegnare il capitale per produrre il lavoro futuro. È così che nel 1920 i due terzi delle ricchezze sopravvissute alla burrasca venivano ipotecate dai debiti dello Stato. Rispetto al 1914, i biglietti in circolazione e i titoli di prestito erano decuplicati. La capacità di acquisto del mercato della guerra fu dunque "creata" dallo Stato borghese prosciugando sistematicamente il risparmio e riducendo i fondi di consumo per mezzo delle imposte. Se le forme di questa vasta concentrazione delle ricchezze in vista della loro distruzione, furono diverse secondo le nazioni, in ultima analisi, lo stato totalitario, simbolizzando ciascuno degli imperialismi, non fece che sottrarre alla circolazione le merci indispensabili a la realizzazione dei suoi scopi particolari e sostituendo loro promesse scritte di restituzione che salvaguardavano nominalmente il principio della proprietà privata, pur dissimulando la definitiva espropriazione realizzata a svantaggio dei creditori di Stato e dei detentori di biglietti, per il profitto esclusivo del capitale imperialista. Il blitz del vecchio imperatore Francesco Giuseppe riesce indigesto anche all'Italia, già diffidente nei confronti dell'Austria per la sua politica balcanica: anche a Roma ci sono in lievitazione interessi sui Balcani. Una pace in equilibrio instabile, insomma. Tanto instabile da precipitare disastrosamente a causa di un attentato: il 28 giugno 1914 viene ucciso a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina dove si trova in visita l'arciduca Francesco Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe ed erede al trono. L'assassino è lo studente Gavrilo Princip, membro di un'associazione patriottica serba. L'Austria, che nel delitto vede l'espressione provocatoria della politica serba scopertamente tesa alla conquista delle province slave meridionali, decide (ma, stranamente, a distanza di un mese dall'episodio) di liquidare la piccola nazione che minaccia la stabilità della parte balcanica dell'impero austriaco. La Germania dà l'assenso all'operazione: Guglielmo II è convinto che si tratti di una guerra lampo del tutto limitata ai due contendenti. Invece è la scintilla che dà il via al grande massacro. Dal 20 al 23 luglio lo zar di Russia, avuta la garanzia dell'appoggio francese, ordina la mobilitazione delle sue truppe. Il 28 l'Austria, dopo un ultimatum, dichiara guerra alla Serbia. Il primo agosto dichiarazione di guerra della Germania alla Russia in seguito al rifiuto dello zar di smobilitare, come da richiesta fatta dall'imperatore Guglielmo II. Due giorni dopo il governo francese ordina a sua volta la mobilitazione e la Germania dichiara immediatamente guerra anche alla Francia. Fra il primo e il 4 agosto l'esercito tedesco viola la neutralità del Belgio e del Lussemburgo, Paesi legati all'Inghilterra: scatta il conflitto anglogermanico. Dopo l'inizio delle operazioni militari Inghilterra, Francia e Russia formalizzano la loro alleanza con il Patto di Londra il 4 settembre 1914. Il Regno Unito, che fino al 1870 aveva goduto di un primato indiscusso nel commercio internazionale, e che trovava la più sicura difesa e garanzia di questo primato nel dominio incontrastato dei mari, per mezzo della sua potentissima marina militare e mercantile, vede dopo quell'anno salire con rapidità impressionante la produzione delle industrie tedesche e la loro esportazione in tutti i mercati del mondo, compreso quello inglese. Ma soprattutto i progressi della Germania furono sentiti in Inghilterra come una grave minaccia quando Guglielmo lI volle fare del suo impero una grande potenza marinara con un programma di costruzioni navali che in un tempo relativamente breve avrebbe dovuto assicurare alla Germania una marina da guerra tale da contrastare agli inglesi il dominio dei mari. Mentre l'Europa sta lacerandosi nelle prime battute dello scontro, l'Italia conserva una prudente neutralità. Sullo Stato gravano ancora le conseguenze finanziarie, notevolmente pesanti, della guerra di Libia (1911), che, pur avendo dato al nostro Paese la Libia, "granaio" d'Italia ai tempi dell'antica Roma, era durata molto più del previsto. La situazione economica era già pesante dopo il terremoto di Messina del 1908, che aveva avuto come costo, in opere di ricostruzione, 107 milioni (cifra stratosferica a quei tempi): nel 1909-1910 il bilancio era andato in deficit e la lira aveva perso la parità con l'oro. La struttura fondamentale del sistema fiscale pesa soprattutto sui ceti meno forti colpendo i beni di largo consumo (rimasta inascoltata una proposta di Giolitti - 1909 - per un drastico aumento dell'imposta sul reddito e della tassa di successione) e perciò l'anima popolare non è sensibile ai primi fremiti bellicosi che si fanno sentire qua e là anche in ltalia. Non che la classe dirigente sia aliena da tentazioni belliche per realizzare delle contropartite territoriali o dall'uno o dall'altro dei due blocchi, ma l'anno 1914 non è certo dei più favorevoli per servire alla popolazione il piatto della guerra. Gli italiani stanno vivendo un momento drammatico della loro storia sociale, sono nel pieno della problematica scatenata dal lento passaggio della civiltà contadina alla civiltà industriale, una fase che vede esasperate contraddizioni, l'inasprirsi della legge del profitto sotto la spinta della trionfante filosofia della produttività, tipica della società industriale. Ed è proprio nel 1914 che il governo Salandra, formato in marzo, si trova davanti un test preoccupante, che rivela umori popolari

decisamente anti interventisti: lo scoppio della "settimana rossa " (giugno). Fu un moto di piazza che, con tutti i caratteri dell'improvvisazione e della spontaneità, sconvolse per una settimana il Paese ed ebbe per epicentro la Romagna e le Marche, una zona in cui l'opposizione anarchica, socialista e repubblicana aveva profonde radici. Fu una rivoluzione provinciale, guidata da duci provinciali - i romagnoli Benito Mussolini, Pietro Nenni e l'anarchico Errico Malatesta - animata da passioni provinciali e municipali, quasi una versione proletaria e popolaresca dei moti che nel 1830-31 si erano avuti nelle stesse regioni contro il governo pontificio. I grossi centri industriali e operai del Paese, chiamati a scendere in sciopero generale per solidarietà con gli insorti di Ancona e delle Romagne, risposero solo in parte all'appello del partito socialista e della Confederazione generale del lavoro." Se la "settimana rossa" non era una rivoluzione, e per certi episodi essa era stata addirittura una caricatura della medesima, ciò non impedì che essa apparisse un minaccioso sintomo rivoluzionario a quei conservatori che della rivoluzione avevano una visione altrettanto approssimativa quanto quella di molti rivoluzionari del momento. Tale era Salandra, che fece inviare nelle Romagne 100.000 uomini e tale era anche il re, che rimase fortemente impressionato dai pronunciamenti repubblicani cui la "settimana rossa" aveva dato luogo". Deciso no alla guerra, dunque. La maggioranza del Paese si rende conto che gli ardori interventisti sono espressione esclusiva degli interessi della grande borghesia imprenditoriale nazionale e internazionale. A provare questa chiarezza di idee della gente, soprattutto contadini e operai, basta ricordare lo scarsissimo successo raccolto da Cesare Battisti, irredentista di Trento (che in seguito si arruolerà nell'esercito italiano; catturato in zona d'operazioni, verrà condannato per alto tradimento, essendo suddito austriaco, e impiccato nel castello del Buon Consiglio, nella sua città) venuto in Italia per un giro di propaganda antiaustriaca: gli rispondono ovunque riusciti e affollatissimi comizi socialisti che rifiutano con decisa chiarezza il suo infuocato bellicismo. D'altronde lo stesso Salandra ammetterà francamente, nel maggio del 1915, alla vigilia dell'entrata in guerra, che la grande maggioranza degli italiani è contraria all'intervento e non c'è nessuno che in questo non sia d'accordo con lui. Una dirigenza politica incerta, esitante, di un conservatorismo ottuso, incapace di capire la crisi socioculturale nella quale si sta dibattendo il Paese, incapace di risolvere i problemi di bilancio con una politica economica che non sia soltanto impostata sul prelievo sistematico dalla massa dei piccoli contribuenti: questa la caratteristica del gruppo che si trova nella "stanza dei bottoni, dal quale il Paese attende di sapere il destino che lo aspetta. Fra Paese reale e classe di governo, i nazionalisti, accesi sostenitori dell'intervento. Quali siano gli interessi che muovono, con sostanziosi finanziamenti, questa massa d'urto potente anche se minoritaria, non è difficile da stabilire.
Insofferenti delle forme e delle istituzioni parlamentari, dei controlli che esse comportavano, alcune forze premevano per una politica di espansione territoriale, cercando in ogni modo di conquistarsi nuovi e più ampi spazi di potere nello Stato e sullo Stato, nella prospettiva di un rafforzamento del protezionismo e di una dilatazione delle "commesse "pubbliche di cui si erano nutrite e ingrassate, esasperando temi e toni della lotta politica
. Una volta di più appare chiaro che i nazionalisti costituirono la chiave di volta di tutto l'interventismo. Essi approdarono alla tesi dell'intervento a fianco dell'Intesa, dopo aver sostenuto in un primo tempo l'allineamento con gli Imperi centrali, palesando - come del resto altri settori dello schieramento politico - una chiara volontà di partecipare alla guerra non tanto per obbiettivi precisi, quanto per uscire dalla crisi nella quale la società italiana si dibatteva...Ecco perché nell'interventismo confluirono come in un crogiuolo uomini e tendenze politiche di provenienza così diversa, e perché in esso si realizzarono tante conversioni, altrimenti difficilmente spiegabili". Protagonista di una di queste "conversioni" è Benito Mussolini, che nel 1914 ritroviamo direttore dell'organo del partito socialista, l'"Avanti!", dalle colonne del quale il rivoluzionario romagnolo si è furiosamente battuto contro la guerra. Il 20 ottobre Mussolini presenta alla direzione del suo partito un ordine del giorno nel quale si propone l'assunzione di una posizione più "flessibile" nell'eventualità di una guerra. Documento respinto seccamente. Mussolini si dimette e il 15 novembre esce con un suo giornale, il "Popolo d'Italia", dal quale scatenerà una campagna interventista. Alla base dell'episodio s'identificano gli interessi dell'imprenditoria e della finanza francesi e di gruppi di industriali italiani. Sotto la poderosa spinta delle manifestazioni interventiste, che riescono a mobilitare grandi folle di studenti e di piccoli borghesi solleticando l'amor di patria, giocando sugli antichi rancori contro l'Austria e il vecchio "tiranno" Francesco Giuseppe, che "tiene schiavi" ancora tanti italiani a Trento e a Trieste, il tentennamento nella "stanza dei bottoni" comincia ad avere qualche battuta d'arresto (ma va ricordato che contro 60 deputati interventisti ce ne sono 300 decisamente sfavorevoli alla guerra). Se ne rendono conto gli Inglesi, i Francesi e anche i Tedeschi: tutti intensificano il gioco diplomatico nei confronti dell'Italia per conquistarla ognuno al proprio blocco (ma il nostro Paese fa già parte della "Triplice", alleanza che ha rinnovato nel 1912). A questo perverso gioco partecipa, lavorando sotto traccia, anche la massoneria. La Gran Bretagna si limita all'attività diplomatica, ma la Germania e la Francia, che in Italia dispongono di numerosi agganci tanto nell'economia quanto nella politica e nella cultura, non vanno tanto per il sottile e scatenano pressioni e ricatti di ogni genere, campagne diffamatorie l'una contro l'altra allo scopo di orientare l'opinione pubblica in questa o in quella direzione. Nella gran "bagarre", che vede massicciamente alla prova d'esame i giornali nella veste di strumenti-pilota dell'opinione pubblica, ha la meglio il "partito" dell'Intesa, che denuncia lo strapotere tedesco in Italia, il quale, ancora una volta, con l'"oro di Berlino", tenta di invadere e conquistare il nostro Paese. Di fronte alla vecchia paura dell'invadenza del "secolare nemico tedesco" e al richiamo al prestigio nazionale, le masse interventiste si agitano sempre più violentemente e premono sul governo con slogan minacciosi: "Rivoluzione se non ci sarà la guerra!" urlano nelle piazze i nazionalisti, rivolgendosi al potere ufficiale. "La neutralità è per i castrati" irridono, apostrofando gli antinterventisti. A questo punto il governo Salandra, attraverso il ministro degli Esteri Sonnino, presenta il conto sia alla "Triplice" che alla"Intesa". Le richieste: restituzione del territorio a nord fino al Brennero e a est fino alle vette delle Alpi Giulie, Istria compresa; tre quarti delle province austriache della Dalmazia e la baia di Valona (Albania) con il suo immediato entroterra. L'acquisizione di questi territori assicura all'Italia una frontiera difendibile facilmente e il controllo dell'Adriatico. D'accordo, salvo qualche eccezione sollevata dalla Russia per le pretese italiane sulla Dalmazia ("una sfida alla coscienza slava"), i membri della"Intesa". L'Austria e la Germania offrono soltanto il Trentino. Il 26 aprile Sonnino firma il patto di Londra, il 4 maggio viene denunciata la Triplice". Il 24 maggio 1915 l'Italia entra nel gioco del "grande massacro", che costerà agli Italiani circa 700.000 morti e quasi un milione di feriti. I due blocchi in cui erano divise le maggiori potenze europee, la Triplice Alleanza (Inghilterra, Francia e Russia) e la Triplice Intesa (Germania, Austria, Italia), erano al loro interno lacerate da contrasti. L'elemento di maggior attrito per la pace era costituito dalla rivalità tra Germania e Francia. La situazione tra i due paesi fu peggiorata dagli atteggiamenti intimidatori di Guglielmo II, soprattutto in occasione del tentativo francese di assicurarsi il protettorato sul Marocco. Nel 1905 e nel 1911, le due nazioni europee furono vicine allo scontro, ma grazie all'intervento delle diplomazie europee la tragedia fu evitata. La Francia ottenne il protettorato sul Marocco e diede in cambio alla Germania una parte del Congo. Altra zona estremamente delicata erano i Balcani, dove i popoli slavi sottomessi all'Austria aspiravano all'indipendenza e chiedevano l'appoggio della Russia, il maggiore Stato slavo, tradizionalmente interessata a inserirsi nei Balcani. Quando nel 1908 l'Austria decise di annettere la Bosnia e l'Erzegovina, molte nazioni europee protestarono ma senza risultato. La tensione esplose in occasione della guerra italo-turca per il possesso della Libia e la Turchia perse nella prima guerra balcanica quasi tutti i possedimenti europei. La spartizione di questi territori porto' alla seconda guerra balcanica: la Bulgaria, sostenuta diplomaticamente dall'Austria, fu sconfitta dalla Serbia, forte dell'appoggio della Russia, e dovette cedere numerosi territori. L'Austria, uscita cosi' sconfitta, attendeva l'occasione di rifarsi contro i Serbi e da questo contrasto doveva nascere la scintilla della prima guerra mondiale.

L'assassinio dell'arciduca austriaco Francesco Ferdinando (28 giugno '14) da parte di un nazionalista serbo costitui' il pretesto per la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia. Si metteva cosi' in moto il meccanismo delle alleanze che dava alla guerra dimensioni europee e mondiali: da una parte le potenze dell'Intesa (Russia, Francia, Inghilterra, presto affiancate dal Giappone e poi dalla Romania), dall'altra gli imperi centrali (Austria-Ungheria e la Germania, cui si aggiunsero l'impero ottomano e la Bulgaria). L'Italia, poiché l'Austria non aveva tenuto conto di alcune clausole della Triplice Alleanza, si mantenne neutrale. Le operazioni belliche iniziarono con una travolgente manovra dell'esercito tedesco che, spezzata la resistenza del Belgio, penetro' in territorio francese. Le truppe francesi, con la gigantesca battaglia della Marna (settembre 1914), riuscirono pero' a bloccare l'avanzata tedesca, e la guerra di movimento si trasformo' cosi' in guerra di logoramento nelle trincee. Peculiare fu la posizione italiana; si fronteggiarono, infatti, due diversi schieramenti: da un lato i neutralisti (cattolici, la maggioranza dei socialisti ed i liberali giolittiani), contrari alla partecipazione al conflitto, e dall’altro lato gli interventisti (alcuni socialisti e democratici come Mussolini, Labriola e Bonomi, i nazionalisti di D’Annunzio e i liberali di destra di Salandra e Sonnino), favorevoli alla partecipazione, assieme alle potenze dell’intesa, al conflitto mondiale. Con l’appoggio determinante ed incostituzionale di re Vittorio Emanuele II (si sfiorò infatti quel colpo di stato regio attuato poi nel 1922) passò la linea degli interventisti e l’Italia il 24 maggio 1915, in virtù dei Patti di Londra, entrava anch’essa nel conflitto mondiale. Nettamente contrari alla guerra furono il Pontefice Benedetto XV che parlò di "Inutile strage" e la II Internazionale anche se quest’ultima ben presto fu travagliata e sconquassata da dubbi e divergenze che contribuirono a segnarne la fine. Il Pontefice, oltre che da motivi umanitari e di Pax Christi temeva una ulteriore lacerazione in seno alla Chiesa cattolica poiché da Vienna si era fatto sapere che una presa di posizione vaticana anti-austriaca avrebbe provocato la "secessione" del clero austriaco rispetto a quello romano. (Questo accadrà anche allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ndr.). I socialisti, invece, si opponevano al conflitto in nome degli interessi dei lavoratori che erano ritenuti universali e non legati a quelli dei singoli stati e dei loro governanti borghesi o conservatori, ma quando la guerra raggiunse il suo apice la solidarietà internazionale dei partiti socialisti venne meno e in tutti i paesi belligeranti i rispettivi partiti socialisti (Spd in Germania, Sfio in Francia e Psi in Italia) entrarono a far parte dei governi nazionali di emergenza (detti "Unioni sacre") votando le misure necessarie alla guerra (i cosiddetti "crediti di guerra"). L'Italia, dopo lunghi contrasti interni, nonostante la maggioranza del paese fosse ostile alla guerra, decise, il 24 maggio 1915, di intervenire contro l'Austria. Nel 1916, mentre nei Balcani si assisteva al crollo della Serbia e alla quasi completa invasione della Romania, sul fronte russo le sorti della guerra erano alterne. Sul fronte occidentale si registro' una dura offensiva degli imperi centrali: in Francia l'iniziativa tedesca porto' alla sanguinosa battaglia di Verdun; in Trentino l'esercito italiano riuscì a stento a bloccare la "spedizione punitiva" degli Austriaci, passando pero' poi alla controffensiva e liberando Gorizia. Nel 1917 il tentativo della Germania di spezzare il blocco navale inglese scatenando una guerra sottomarina illimitata provoco' l'intervento degli USA a fianco dell'Intesa. Questo intervento non diede vantaggi militari immediati, e anzi la situazione dell'Intesa si aggravo' in seguito alla defezione della Russia, che fu costretta dallo scoppio della rivoluzione del 1917 a uscire dal conflitto. Ciò permise agli imperi centrali di portare rinforzi sul fronte occidentale, e di ottenere importanti successi. In Italia, gli Austro-Tedeschi sfondavano a Caporetto (ottobre 1917), costringendo le nostre truppe a ritirarsi fino al Piave. La sconfitta porto' alla sostituzione del generale Cadorna con il generale Diaz al comando supremo. In Francia, i tedeschi giunsero a minacciare Parigi. Ma gli imperi centrali erano ormai stremati e il massiccio arrivo in Europa delle truppe americane contribuì a rovesciare la situazione. Con la battaglia vittoriosa di Vittorio Veneto, l'Italia costringeva alla resa l'Austria-Ungheria (4 novembre): l'impero asburgico si dissolse. Anche in Germania una rivoluzione porto' alla fuga di Guglielmo II e alla proclamazione della repubblica, la quale, l'11 novembre, firmo' l'armistizio. Alla Conferenza della pace (Parigi 1919-20) si scontrarono la politica del presidente degli USA, Wilson, il quale chiedeva giuste condizioni di pace, ispirate al principio dell'autodeterminazione dei popoli (14 punti), e la politica di potenza di Inghilterra, Francia e Italia. Il trattato di Versailles impose alla Germania oppressive condizioni di pace (perdita di alcuni territori nazionali come L’Alsazia e la Lorena e delle colonie; riduzione dell'esercito e della produzione bellica). Con il trattato di Saint-Germain l'Austria fu ridotta a una piccola repubblica e dovette cedere l'Alto Adige, il Trentino, Trieste e l'Istria all'Italia. L'Ungheria fu dichiarata regno autonomo. Nacquero dalla spartizione dei territori austro-ungarici e dai territori strappati alla Russia la repubblica di Polonia, la repubblica della Cecoslovacchia, il regno di Jugoslavia, il regno di Albania e le repubbliche della Lituania, dell'Estonia, della Lettonia e della Finlandia. Questa onda di violenza che si scatenò durante la Grande Guerra non fu però appoggiata da tutti. Nella poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti si esalta come in un tempo in cui si esalta la guerra, la morte per le patrie e la retorica e l'infatuazione, Ungaretti trova questa umana solidarietà: "fratelli".

Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli

 

 

Giuseppe Ungaretti in poesia offre il più radicale esempio di rinnovamento formale sperimentato dalla lirica del nostro secolo. L'Allegria (1918), da cui è tratta la poesia sopracitata, è un libro-chiave della storia letteraria italiana del Novecento: il linguaggio si abbrevia e rifiuta rima, punteggiatura e estetismo. Giuseppe Ungaretti è considerato il fondatore dell'ermetismo - la fortunata definizione è del critico Francesco Flora - corrente letteraria che si diffonde in Italia più o meno a partire dagli anni Venti e che tanto peso avrà sulla poesia italiana successiva. In sintesi si può dire che, pur con mille aspetti e soluzioni diverse, gli ermetici cercano di restituire al linguaggio della poesia una sua dimensione essenziale, scabra, talvolta volutamente oscura (di qui il termine) al fine di restituire alla parola abusata verginità e novità. Così riscattate le parole tornano a essere specchio della realtà e consentono all'uomo di percepire l'inesprimibile sostanza di quel mondo apparentemente privo di senso che lo circonda. Strumento tecnico fondamentale per gli ermetici è l'analogia, intesa però in un senso tutto particolare ben spiegato dallo stesso Ungaretti: "il poeta d'oggi cercherà di mettere a contatto immagini lontane, senza fili". Vale a dire che, abolendo il come che introduce il rapporto tra le cose paragonate, l'analogia diventa più sintetica e oscura, ma per questo più efficace. L'essenzialità della poesia ermetica è poi da mettere in diretta relazione con il contenuto; le scelte di stile, infatti, non sono mai dettate dal caso. I poeti ermetici sono accumunati da un male di vivere che, pur essendo diverso nella concreta esperienza di ciascuno, li accumuna tutti nel pessimismo sulle possibilità dell'uomo e persino della stessa poesia. In assenza di certezze da cantare a gola spiegata, gli ermetici rifiutano dunque i moduli espressivi tradizionali sulla base di una precisa scelta etica, dalla quale discendono poi le novità di stile. Strumento fondamentale di questa rivoluzione è la metrica dell'Allegria: che disgrega il verso tradizionale in versicoli, frantumando il discorso in una serie di monadi verbali, in un-lessico del tutto "normale", anti-letterario. Anche il silenzio e il bianco della pagina portano all’assenza di punteggiatura. Parola e silenzio stanno l'una all'altro come rivelazione ad attesa di rivelazione. La metrica franta dell'Allegria non è che l'equivalente della ricerca della parola "nuda" ed essenziale, e che può portare il poeta a enunciati ridottissimi come il famoso "M'illumino / d'immenso", ricerca che riscopre l'assoluto quasi religioso della parola vergine, originaria. Per questo Ungaretti è considerato il fondatore dell’ermetismo, che ritiene che la poesia debba essere criptica, scorciata ed ermetica. Ungaretti distrusse il verso per poi ricomporlo, e cercò i ritmi per poi costruirne i metri. Tutta la musica della poesia ungarettiana, nelle sue infinite modulazioni, si sprigiona da questo suo farsi graduale, da quest'ascoltazione sempre più all'unisono col proprio animo, di cui le varianti e rielaborazioni sono la storia illustre. Nel distruggere il verso, nel cercare i nuovi ritmi, prima di tutto mirò alla ricerca dell'essenzialità della parola, alla sua vita segreta; e, com'era necessario, a liberare la parola da ogni incrostazione sia letteraria sia fisica. Al nuovo stile si riallacciano in Allegria le esperienze di vita che determinano alcune precise scelte di stile e contenuto assolutamente innovative per la poesia italiana. La prima, e fondamentale, è l'esperienza di soldato. Sepolto in trincea tra fango, pioggia, topi e compagni moribondi, il giovane poeta scopre una nuova dimensione della vita e della sofferenza che gli sembra imporre, per poter essere descritta, la ricerca di nuovi mezzi espressivi. Quel movimento di istintiva reazione vitalistica all'orrore della guerra, o di rinfrancamento (il grumo di ricordi che si fa illusione e quindi coraggio), che abbiamo colto nei testi precedenti quasi allo stato embrionale e in dialettica esplicita con le immagini della desolazione, lo ritroviamo sviluppato e variato in molti altri testi dell'Allegria. La scarnificazione del discorso a parola pura e nuda, colta nello spessore della sua evocatività, corrisponde all'esperienza della guerra e la riduzione del vissuto ai fattori essenziali e originari: una tragica e concreta materialità da cui si staccano, come repentine illuminazioni, ricordi, fantasie care, grumi di sensazioni e sentimenti dimenticati, tensioni e aspirazioni liberatorie. Una concreta fenomenologia bellica - che va dalle più nette immagini di violenza e morte in Veglia alla distruzione materiale in San Martino del Carso. Sono insomma testi di oggettiva denuncia delle lacerazioni prodotte dalla guerra. I due componimenti in cui le immagini materiali della guerra sono assenti appaiono anche (con San Martino del Carso) i più desolati: l'esperienza della tragedia bellica è quasi sempre resa da Ungaretti in termini di riflessi intimi, di moti dell'animo. Ungaretti è con un reparto italiano sul fronte francese, accampato nel bosco di Courton, sotto i bombardamenti tedeschi: ogni cannonata che arriva spezza gli alberi, stronca vite umane. Ecco che nasce Soldati:
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

Ma il dolore per la guerra non spegne l’amore per la vita, per la sfida coraggiosa al dolore, che rende Ungaretti ai nostri occhi un poeta che non si arrende, ma combatte il pessimismo. E’ un "superstite lupo di mare", notazione autobiografica emozionante: anche Ungaretti dopo quelli che parevano i naufragi della sua vita, subito riparte, "subito riprende / il viaggio", come si legge nel Porto Sepolto:

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

 

I fiumi di Ungaretti sono a mio avviso un documento importantissimo della poetica di Ungaretti: in essi il poeta rievoca le fasi del suo passato e paragona ogni periodo di esso ad un fiume: dalla guerra rievocata e ripensata attraverso l’Isonzo, il Serchio, fiume delle sue origini, essendo i genitori lucchesi, il Nilo fiume della sua pubertà e la Senna, che corrisponde al periodo della sua gioventù. Ma è in questa natura che il poeta si sente "docile fibra dell’universo". Una visione ottimistica quella ungarettiana, che sente verso gli uomini un senso di fratellanza e riconosce la natura come madre. Ungaretti è un uomo di pena, a cui basta un’illusione per farsi coraggio: è un uomo in armonia con l’umanità e la Natura.

(…)Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto

nascere e crescere
e ardere dell'inconsapevolezza
nelle estese pianure

Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre


La successiva raccolta Sentimento del tempo, del 1933, presenta un'evoluzione nella poetica di Ungaretti. Gli spunti autobiografici, così numerosi nell'Allegria di naufragi, diminuiscono lasciando posto a una riflessione più esistenziale. L'uomo Ungaretti tenta ora di farsi Uomo, cercando nelle proprie emozioni e paure il riflesso di quelle che sono comuni a tutti. Inizia qui il tormentato recupero della fede, la quale può forse rappresentare per l'uomo smarrito un'ancora di certezze. Il cammino, tuttavia, non è lineare e non mancano situazioni di conflitto tra il sentimento religioso e le esperienze dolorose nella storia del singolo o della comunità. Parallelamente a questi cambiamenti tematici ne avvengono altri a livello stilistico: in particolare il recupero di una metrica più tradizionale, rinnovata però dal precedente lavoro di scoperta della parola. Ne Il dolore, raccolta del 1947, la biografia irrompe nuovamente nella poesia in seguito alla tragica morte del figlio Antonietto, cui sono dedicate le liriche della prima parte; nella seconda parte, invece, Ungaretti si sofferma sulle vicende drammatiche della guerra. C'è dunque un rapporto tra le due sezioni: il dolore individuale e quello collettivo danno la misura di un cammino umano segnato dalla sofferenza e dalla difficile riconquista della fede negli imperscrutabili disegni divini. E tra questi due piani, quello personale celebrato nel Dolore e quello corale, collettivo, che ha trovato le sue più alte espressioni nel Sentimento del tempo, si muove tutta la successiva produzione di Ungaretti. L’arte che si sviluppa in parallelo temporale in Inghilterra e America è il Modernismo. During the two wars in England and America flourishes Modernism, a term which is not only associated in literature, but also with the great changes which concerned all the arts. This depend upon the changes of mentality and perspective in life. With the discover of relativity of Einstein, and the discover of unconscious of Sigmund Freud, the mentality in the world changes and the art too. Sigmund Freud in his Interpretations of dreams explained that our personality is unconscious and all men is moved from libido and its demands. The free association of thoughts is fundamental for Joyce and Woolf. In Modernism poetry and novel are new: they’re in break with the literary tradition of past. The authors find new ways of expression. There is the desire of representing the variety of urban life and the reality . The reality is fragmentary and changeable. The man or the artist detaches himself from society and detest every rational process. Life for modernist artists can’t be understood: in life it doesn’t exist rational order, but chaos. There is the destruction of traditional idea of novel. The novel hasn’t to teach, but to be a testimony or witness. There is a new conception of time: Henry Bergson distinguishes between chronological time and memorial time: the first is real time, the second is the perception of time we have. The new conception of time in novel let use Stream of consciousness and flashback. Stream of consciousness is a narrative technique that attempts to reproduce the thought patterns of characters. A narrator does not tell us what one is thinking; the author uses stream-of-consciousness techniques to show what she is thinking. Flashback is destruction of time chronological in novel, by the use of zigzag in the past and in the future, by destroying classical conception of time of before and then. There is no one technique, but various conventions that are employed by different authors to convey psychological realism. Faulkner, Joyce, and Woolf, writing during the same period, each developed distinctive uses of stream of consciousness. Virginia Woolf (1882-1941) was born Adeline Virginia Stephen in London, England. Her father was Sir Leslie Stephen, an eminent historian and literary critic who was the first editor of the Dictionary of National Biography. After his first wife Harriet died (she was the daughter of novelist William Thackeray), Leslie Stephen married a beautiful widow named Julia Jackson Duckworth. Between them they already had four children, and together they had four more: Vanessa, Thoby, Virginia and Adrian. Virginia Woolf¹s novel To the Lighthouse is considered, among other things, a character study of her parents. Her mother died in 1895, and her father in 1904. The Stephen home was a centre of learning and literature, and there Virginia (who was educated at home) met many of the outstanding literary and intellectual figures of late Victorian England. After the death of their father, the four Stephen orphans moved to a house in the Bloomsbury district of London where a new generation of artists and intellectuals formed around them, beginning with the brothers' fellow students from Cambridge. Key figures of the "Bloomsbury Group" included artists Roger Fry and Duncan Grant, writers E.M. Forster and Lytton Strachey, critics Desmond MacCarthy and Clive Bell (who married Vanessa Stephen), and economist John Maynard Keynes. In 1912 Virginia married another member of the Bloomsbury Group, Leonard Woolf (1880-1969); and in 1917, with just a single handpress, they founded their own publishing house, the Hogarth Press. Under this imprint they brought out the early works of T.S. Eliot, E.M. Forster, Katherine Mansfield, and the first English editions of Freud. Woolf herself, who had been writing since childhood, then produced a series of groundbreaking novels that included Jacob's Room (1922), Mrs Dalloway (1925), To the Lighthouse (1927), Orlando (1928), The Waves (1931) and Between the Acts (1941). She also wrote a great deal of literary criticism, including The Common Reader (a series of editions beginning in 1925) and A Room of One's Own (1929), as well as volumes of short stories, diaries and a biography. A landmark of modern literature, Woolf's fiction is best known for its use of "stream of consciousness," a technique of interior monologue that Woolf felt was especially suited to women writers. In her novels, plot is de-emphasized in favour of intricate psychological detail. Virginia Woolf holds a unique, if controversial, place in twentieth century literature. She won acclaim during her life as a novelist and essayist; posthumously she is perhaps more admired as a diarist and letter writer, and as a subject for biographies, reminiscences and doctoral theses - the so-called Bloomsbury industry. In the United States she figures prominently in courses of feminist studies. Virginia Woolf was plagued by depression and nervous breakdowns for much of her life, beginning with the death of her mother when Woolf was just 13. In 1941, deeply depressed by the onset of another war and fearful of another breakdown, Virginia Woolf committed suicide by drowning. There has always been anecdotal interest in the coexistence of 'great wits and madness', and in the familial aspects of both genius and mental illness, but it is only in recent years that systematic studies have been made of groups of gifted artists, especially writers. They are relevant to our subject.

In summary, they show that such groups have very high rates of manic-depressive psychosis, especially bipolar illness. Virginia Woolf had a bipolar affective illness, and a long family history of affective illness on both the maternal and paternal sides. The doubtful relationship between her attacks and her creative periods has already been alluded to, and she became completely unproductive in terms of writing when unwell, although she was convinced that the ideas for most of her books, sometimes written years later, came to her during a prolonged manic illness. It would be possible to argue that her great years of productivity followed from the most serious and life-endangering breakdowns of 1912 to 1915.

The mystical quality of some of her writing and some of the less typical of her symptoms have sometimes raised the suspicion of schizophrenia. Schizophrenia is typically a chronic illness, affecting thinking, originality and drive. The fact that it is so rare in practising authors, adds strength to the diagnosis of affective illness in Virginia Woolf. Certamente le guerre hanno dimostrato l’Homo homini lupus cioè che l'uomo è lupo per gli uomini, come diceva il filosofo Hobbes nel 600, basando la sua teoria su di una concezione pessimistica della natura umana. Sembra così che la sopraffazione sia il principio motore delle società sin dalla notte dei tempi. Esaminando gli eventi storici, dall'antichità ai giorni nostri, si propongono alla nostra attenzione resoconti di stragi, carneficine, crudeltà inenarrabili. L’aggressività è la tendenza alla distruzione di un ostacolo o di un nemico. Freud sviluppò per primo una concezione dell'aggressività posta al servizio del principio del piacere. L'aggressività è vista quindi come una reazione dell'individuo alla frustrazione sperimentata durante la ricerca del piacere o dell'appagamento della libido. Accanto all'istinto di conservazione Freud pone l'istinto di morte. L'energia di tale istinto va continuamente allontanata dall'individuo e indirizzata verso l'esterno per impedire l'autodistruzione. Il bisogno di distruzione genera uno stato di tensione che può essere allentato dal comportamento dal comportamento aggressivo, ma che si riaccumula dopo un periodo di riposo senza forme di aggressività. La lotta tra Eros (libido) e Thanatos (morte) nel più profondo di ogni uomo, è uno degli aspetti più affascinanti delle teorie psicoanalitiche, ma anche il più sconcertante ed oscuro. Ogni essere umano, oltre a voler vivere di piacere, sarebbe anche contemporaneamente spinto a cercare la propria distruzione, come preso da una vertigine; ma dato che nessuno osa guardare in faccia la propria morte, che respinge nel momento stesso che attira, ecco che la volontà di distruggere se stessi viene trasferita sugli altri. L’aggressività, vale a dire la tendenza a distruggere gli altri, sarebbe dunque un transfert dell’ istinto di morte da parte di chi ne è dominato ed in cui Thanatos tende a respingere Eros. Aggressività, violenza, dominio, autoritarismo - fattori evidenti di antagonismi politici - possono quindi derivare da un fenomeno di compensazione. E l’aggressività compare anche nei rapporti di lavoro, ove spesso si creano gravi attriti. L’inconscio o conscio desiderio di distruggere gli altri, spesso è prodotto dall’uomo stesso: tramite l’industria, ad esempio, ha da una parte migliorato la sua vita, ma dall’altro con l’inquinamento sta quasi del tutto distruggendo il nostro pianeta. Con l’industrializzazione, le merci di scambio aumentano. Nel settore tessile alle fibre naturali l’uomo ha aggiunto producendole sinteticamente quelle artificiali. Ecco le nozioni qui di seguito fornite, sia pure in forma sintetica, circa le caratteristiche delle fibre tessili : naturali, come la lana, il cotone, il lino, la seta ecc. (definite anche "nobili"), oppure delle fibre chimiche, sintetiche o artificiali, spesso in mischia con le prime in varie proporzioni. Le fibre naturali sono tratte da materiali esistenti in natura e utilizzate mediante lavorazioni meccaniche, ma senza modificarne la struttura. Sono di origine animale, vegetale, o minerale. La più diffusa ed importante è la lana, fibra animale che costituisce il vello di varie razze ovine. Grazie alla sua particolare struttura e alla fitta ondulazione delle fibre, possiede eccellenti qualità e proprietà, come: igroscopicità (assorbe umidità in peso sino al 30%), forte protezione termica (coibenza), elasticità, resistenza all'usura ed alla fiamma. La lana si usa in tutti i campi del tessile, pura o in mischia con altre fibre. Ne esistono molte varietà, classificabili in base a finezza, lunghezza, colore e lucentezza. L'unica fibra animale, prodotta da baco serigeno, il "bombix mori" o da altri bachi cresciuti sugli alberi, è la seta, che è termoisolante, leggera, elastica, flessibile, brillante. Altre fibre animali sono: angora, alpaca, cachemire, cammello, mohair, lama, vicuna, ecc. Il lino è la più antica e pregiata fibra naturale, tratta dal "libro" (strato corticale) di una pianta erbacea, di cui viene macerata la parte fibrosa, che conferisce al filato e al tessuto caratteristiche particolari: ottima igroscopicità, freschezza, morbidezza, resistenza all'usura, tenacia, durata, possibilità di lavaggio ad alta temperatura. Dal punto di vista chimico, le cellule che compongono le sue fibre si rivelano tenaci ed elastiche allo stesso tempo : per la sua particolare struttura molecolare il lino assorbe acqua fino al 20% del peso senza che il corpo avverta umidità. La fibra tessile vegetale più diffusa al mondo, tratta dalla capsula di una pianta cespugliosa è il cotone, che presenta eccellente igroscopicità, buona tenacità, resistenza al calore, ottima adattabilità fisiologica. Altre fibre vegetali sono : canapa, juta, ramiè, sisal, cocco, ginestra, ibisco. Le fibre minerali sono : amianto vetro tessile, fili metallici. Le fibre tessili chimiche sono le fibre tessili create dall'uomo mediante processi industriali fisico-chimici, partendo da materie prime esistenti in natura. Si distinguono in fibre artificiali (dette anche cellulosiche) e sintetiche. Le fibre fatte dall'uomo sono progettabili in funzione delle esigenze del consumatore e sono in costante evoluzione per offrire sempre nuove prestazioni in termini di comfort, estetica, sicurezza e rispetto ambientale. Le fibre chimiche artificiali si ottengono trattando la cellulosa naturale di piante diverse (la stessa che costituisce le fibre vegetali), opportunamente trasformata e sciolta con solventi, e successivamente filata sotto forma di fibra tessile in filo continuo oppure in fiocco (fibra discontinua). Coprono attualmente in europa circa l'11% dei consumi dell'industria tessile. L’Acetato è un filo continuo derivato dalla cellulosa è morbido e delicato, ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comfort. Il Cupro è una fibra ottenuta dai linters di cotone trattati secondo il processo cuprammonio, prodotta come filo continuo è morbido e delicato, che ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comforserica. Lyocell è una fibra cellulosica ottenuta mediante processo di filatura in solvente organico nel pieno rispetto dell'ambiente, che ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comfort. La viscosa è una fibra cellulosica filata come filo continuo o fiocco (denominata anche rayon), che ha un comfort tipico delle fibre vegetali, buona resistenza all'usura (allo stato asciutto), elevata capacità igroscopica. Si impiega per l’abbigliamento e perfino per gli pneumatici. Il Modal è un fiocco di viscosa modificato, con migliori caratteristiche di impiego (per esempio: tenacità, modulo ad umido, stabilità dimensionale, resistenza agli alcali) ottenibili anche con la microfibra modal 1,0 dtex, che è un ottimo partner di mischia per cotone, lana e sintetici. Le Fibre Chimiche Sintetiche sono derivati di sostanze organiche di sintesi che vengono polimerizzate ottenendo lunghe catene molecolari (macromolecole) filabili sottoforma di filo continuo o di fiocco (fibra discontinua). Coprono attualmente in europa circa il 55% dei consumi dell'industria tessile. LAcrilica è una fibra costituita da macromolecole, prevalentemente di acrilonitrile, in genere usata sotto forma di fiocco, in puro o mista con lana o cotone; disponibile anche come microfibra. Possiede leggerezza, morbidezza, voluminosità, mano lanosa e calda, elevata coibenza termica. Facile manutenzione, irrestringibilità. Ottima resistenza alla luce solare e agli agenti atmosferici. Inattaccabile da muffe, microrganismi, tarme. La Modacrilica è una fibra ottenuta da macromolecole costituite per almeno il 50% da acrilonitrile, generalmente disponibile come fiocco. Ha un’ottima resistenza alla fiamma (caratteristica premiante per ambienti pubblici e privati, regolamentati da precise normative di "prevenzione al fuoco"), qualità molto vicine alla fibra acrilica, tenacità, stabilità dimensionale, resistenza alla luce e ai lavaggi. Si usa per tessuti per arredamento (tendaggi, rivestimento mobili) coperte e copriletti e imbottiture. Poliammidica è una fibra ottenuta da macromolecole contenenti il gruppo ammidico; la prima fibra sintetica, nota anche come nailon. Usata in filo continuo e fiocco. Ha un’elevata resistenza alla rottura, alla deformazione (ottimo recupero elastico), all'abrasione. Facile manutenzione (lavaggio, asciugatura, non stiro), ottima tingibilità, ingualcibilità. Si usa per i collants e calzetteria, impermeabili, ombrelli. Poliestere è una fibra ottenuta da macromolecole costituite da polietilentereftalato , disponibile sia come fiocco sia come filo liscio o voluminizzato; prodotto anche in versione flame retardant. Disponibile anche come microfibra. Ha elevata resistenza alla rottura, elasticità, ripresa. Buona resistenza all'abrasione. Ingualcibile si usa per abbigliamento serico femminile, lingeria e abbigliamento intimo e per foulards e cravatte. La Polipropilenica è una fibra ottenuta da macromolecole di polipropilene isotattico, disponibile come fiocco e come filo continuo liscio e voluminizzato. Ha un’elevata resistenza meccanica, buona resistenza all'abrasione e all'usura, ottima resistenza agli agenti chimici, non assorbe liquidi e quindi ha proprietà antimacchia, facilità di manutenzione con brevi tempi di asciugatura, stabilità dimensionale. Si usa per la maglieria intima, sportiva e calzetteria: irrestringibile, indeformabile, mantiene la pelle asciutta, trasferendo all'esterno l'umidità corporea. La Poliuretanica (ELASTAN) è una fibra elastomerica costituita per almeno l'85% della massa da poliuretano segmentato, prodotta come filo continuo. Ha un’elasticità elevata, allungamento fino a 6 volte la lunghezza iniziale. Mantiene inalterata nel tempo la sua forza di rientro. È resistente agli agenti ossidanti e inquinanti (fumi, lavaggi a secco, ecc.) E all'acqua clorata. Può essere impiegata per tessuti elastici per costumi da bagno, abbigliamento esterno, abbigliamento sportivo, corsetteria, calzetteria, pizzi e nastri elastici. L’industrializzazione deve essere, a mio avviso, un fattore di miglioramento di vita: l’uomo deve saperla usare per vivere meglio. Invece nel nostromondo il progresso si è impadronita di noi sia fisicamente (le fabbriche soffocano il mondo dell’uomo di cemento) sia psicologicamente tramite il grande megafono, che è la pubblicità, che sta avendo un ruolo sempre più grande nella nostra società, nel nostro momento storico. E ciò dipende dalla globalizzazione, che semplicemente consiste nell'aver reso il mondo un unico grande mercato. Mentre un tempo le cellule dell'economia erano le nazioni e le nazioni tentavano di proteggersi per fare in modo che le proprie industrie e la propria agricoltura crescessero al riparo della concorrenza dei paesi esteri, oggi siamo in una situazione in cui si tenta di fare in modo che il mondo intero sia un mercato unico, quindi senza nessun ostacolo di movimento alle merci, ai servizi e ai capitali. Oggi l'economia è dominata da imprese particolari, da protagonisti particolari che sono le multinazionali. Le multinazionali spaziano in vari campi come quello dei computer, dell’abbigliamento o dell’alimentazione. L’alimentazione dell’uomo consta di vari elementi: l’uomo adesso non caccia più e non coltiva più, ma ci sono industrie che preparano il prodotto per lui. Adesso la lotta per l’esistenza si è raffinata nei modi, ma rimane nei termini che l’uomo si nutre di vegetali e di animali. La catena alimentare pone l’uomo oggi in grado di decidere la propria alimentazione non solo per bisogno fisico, ma anche per gusto. Se pensiamo, ad esempio, alla nostra alimentazione, non possiamo non ammettere che la pratica della caccia dell’uomo primitivo si è raffinata in un moderno impianto di macellazione di animali. Con il termine di carne si intendono i muscoli ed i tessuti ad essi connessi di animali da macello ed animali da cortile. I visceri (polmoni, cervello, fegato, reni, cuore) sono detti frattaglie; lo stomaco e l’intestino dei ruminanti prende il nome di trippa, pancreas e timo animelle. Le specie più utilizzate appartengono ai mammiferi, principalmente bovini, suini, ovini ed equini o ai volatili come polli, tacchini, oche (questi ultimi sono chiamati, in genere, animali da cortile). Le condizioni ambientali influenzano in modo determinante la scelta delle specie animali idonee per l'allevamento nei vari paesi; avremo così in alcune zone geografiche prevalenza di bovini in altre di ovini ecc. Nel corpo animale possiamo distinguere le seguenti parti: tessuti molli, organi, scheletro e pelle; quest'ultima è ricca di peli nei mammiferi, di penne negli uccelli e di squame nei pesci. Le parti idonee all'alimentazione umana sono quelle utilizzabili dal nostro sistema digerente, come tessuti molli ed organi, purché risultino ben accette al gusto. La distinzione delle carni viene fatta prevalentemente in base alla specie di provenienza; in passato si usava distinguerle in base al colore, si parlava così di carni bianche, riferendosi a vitello, capretto, suino, di carni rosse, riferendosi a bue, cavallo, montone e bufalo e di carni nere riferendosi alla cacciagione. Il colore dei fasci muscolari, oltre che alla specie, è legato alla età dell'animale; così, ad esempio, le carni del vitello (animale giovane) sono bianche, quelle del manzo (animale adulto) sono rosse. L’elemento prevalente nelle carni è la parte acquosa, seguita da quella proteica e da quella lipidica. Fra i principali elementi minerali troviamo il potassio, il fosforo, ed il ferro; si riscontrano inoltre quantità apprezzabili di vitamine PP, B1, B2 e B12. Il colore delle carni è determinata dalla mioglobina, proteina che ha funzioni analoghe a quelle dell'emoglobina del sangue; essa può essere più o meno scura a seconda del grado di ossigenazione. La tenerezza delle carni dipende, oltre che dalla frollatura, dalla percentuale di tessuto connettivo presente poiché le proteine che lo compongono (collagene ed elastina) sono particolarmente resistenti alla cottura. Le carni vengono classificate secondo la specie di provenienza; i gruppi zoologici più importanti sono i mammiferi e gli uccelli, nel cui ambito troviamo animali da allevamento e animali selvatici:

 

TIPI DI ANIMALI

DA ALLEVAMENTO

SELVATICI

Mammiferi

Uccelli

Mammiferi

Uccelli

Bovini

Polli

Cinghiali

Fagiani

Suini

Tacchini

Lepri

Pernici

Ovini

Piccioni

Caprioli

Quaglie

Equini

Anatre

 

Beccacce

Conigli

Oche

 

Anatre Selvatiche

 

La macellazione si effettua nei pubblici macelli oppure, previa autorizzazione dell'autorità comunale, in appositi locali di macellazione privati. Tanto nei macelli pubblici che in quelli privati, appena avvenuta la macellazione, deve aver luogo la visita degli animali macellati da parte del veterinario comunale (DL 286/94) che appone, sulle carni e sui visceri degli animali ammessi al consumo, un bollo del Comune munito della sigla "VS" (visita sanitaria). La normativa vigente in materia di macellazione, oltre alle norme di carattere sanitario, fissa le modalità di abbattimento degli animali. Subito dopo la macellazione ed il dissanguamento si instaura lo stato di Rigor mortis a causa della contrazione del tessuto muscolare; dopo 24 - 48 ore si verifica un rilassamento con ritorno alla consistenza normale. Durante il successivo periodo di conservazione (1 -3 settimane a temperatura prossima allo 0°C) si verifica un ulteriore intenerimento dovuto alla scissione enzimatica dei collageni costituenti il tessuto connettivo (frollatura). Il processo della frollatura va controllato con la temperatura, infatti, se le carni fossero lasciate a temperatura ambiente, in breve tempo, si instaurerebbero processi putrefattivi per l'azione dei batteri sulle proteine, tali da rendere le carni non più commestibili. Gli animali vengono in genere macellati all'età oltre la quale non aumentano più di peso. L'età ha importanza anche per quanto riguarda il sapore che è ottimale negli animali maturi e peggiora, progressivamente, con l'invecchiamento. Possiamo così distinguere, per le carni, tre livelli qualitativi:

1)Prima qualità: Parti posteriori dell'animale (lombi, natiche, cosce)

2)Seconda qualità: Parti anteriori dell'animale (spalle, costole)

3)Terza qualità: Testa, collo, arti e addome

Nei bovini la parte dell'animale, considerata commercialmente più pregiata è quella posteriore, segue la parte anteriore ed infine il quinto quarto comprendente cuore, fegato, polmoni, lingua, cervello, reni, zampe e sangue, considerate, nel complesso, parli di scarto. Dal punto di vista nutrizionale, questa suddivisione non è assolutamente valida poiché il valore biologico delle proteine è lo stesso in tutte le parti dell'animale.  E’ noto che l'età dell’animale macellato influisce sul sapore delle carni, così abbiamo carni insipide per animali troppo giovani (a causa dell'elevato contenuto di acqua) e carni gustose nell'animale adulto; negli animali vecchi diminuisce la tenerezza a causa dei minor contenuto di acqua. Fino a qualche anno fa l'allevamento dei suini tendeva principalmente ad ottenere carni molto grasse destinate all’industria degli insaccati ed il valore dei suini era legato, appunto, alla quantità di grasso. Attualmente si allevano maiali molto più magri (detti magroni) e la carne che ne deriva è una ottima alternativa a quella bovina, sia per il suo valore nutritivo che per la sua digeribilità, essa è inoltre molto più ricca di vitamina B1 rispetto a tutti gli altri tipi di carni. Le carni ovine sono: agnello, castrato, pecora, montone e capretto. Le carni di agnello presentano una composizione un po’ diversa da quella degli altri ovini poiché hanno un contenuto leggermente superiore in proteine. Le carni di agnello e capretto hanno un colorito roseo, sono molto tenere e gustose. Le carni di castrato e di pecora presentano invece un sapore particolare non a tutti gradito. In passato le carni equine non erano molto usate in quanto provenivano da bestie vecchie, molto sfruttate (come animali da traino) e malnutrite. Oggi invece provengono da animali giovani, sani e ben nutriti, hanno un elevato contenuto proteico (circa il 22%), pochissimi grassi (circa il 3%) e possono competere con le carni bovine. Le carni di allevamento di animali da cortile, principalmente polli e tacchini, hanno acquistato di recente notevole importanza a causa del loro breve ciclo di produzione. Tra gli animali da cortile, i polli ed i tacchini sono quelli più largamente consumati. Le carni di pollo sono, in genere, più digeribili, rispetto agli altri tipi di carne, per il minor contenuto di tessuto connettivo; alto è il contenuto in sali minerali ed in vitamine del gruppo B. Le carni di tacchino possiedono una quantità di proteine piuttosto elevata (circa 22%): per queste sue proprietà e per il suo gusto, la carne di tacchino si può considerare una valida alternativa a quella bovina. Un cenno a parte, fra gli animali da cortile, merita il coniglio: le sue carni sono di buona qualità per l'elevato contenuto proteico (circa 22%) ed il basso tenore in grassi (circa 0,6%). Non è facile dare una classificazione esauriente dei salumi, sia per le notevoli varietà delle materie prime utilizzate che, soprattutto, per le differenze nelle tecniche di preparazione e conservazione. Tuttavia, una definizione di questi prodotti può essere data nei seguenti termini: i salumi sono prodotti alimentari costituiti da carni tritate più o meno finemente o in pezzi, addizionate o meno di grasso suino, con aggiunta di sale (questi agisce da conservante, poiché lega l'acqua presente nelle carni rendendo l'ambiente sfavorevole allo sviluppo di certi microrganismi che darebbero luogo a processi putrefattivi), di additivi chimici, quali nitriti e nitrati, e di varie spezie. Durante il periodo di stagionatura e di maturazione avviene un parziale essiccamento delle carni accompagnato da trasformazioni chimiche, sia ad opera di enzimi che di microrganismi, con notevole miglioramento dei caratteri organolettici. Possiamo suddividere i salumi in due gruppi:

  • Primo gruppo: parti di animali intere salate e stagionate (es. prosciutto, coppa, spalla, pancetta). Questi prodotti sono preparati con carni suine tranne qualche rara eccezione (es. Bresaola di bovino);
  • Secondo gruppo: carni tritate e successivamente insaccate (es. salami, mortadella, salsicce, zamponi, cotechini). Questi prodotti sono preparati con carni suine o miste suine e bovine.

Una ulteriore classificazione può essere fatta in relazione all'eventuale trattamento termico subito; avremo così:

  • Salumi crudi (es. prosciutto, pancetta, coppa, capocollo, salami);
  • Salumi crudi da consumarsi cotti (es. zampone e cotechino);
  • Salumi cotti (es. prosciutto cotto, spalla cotta, mortadella).

I principali prodotti di Semiconserve sono i würstel; questi presentano composizione estremamente variabile ma il loro contenuto proteico è comunque modesto (11% circa). Si preparano con le parti meno pregiate dei bovino, finemente tritato, cui si aggiunge del grasso, prevalentemente suino (25% circa), più condimenti e additivi. Inoltre la carne viene sterilizzata e la conservata in scatole metalliche ermeticamente chiuse: la carne, fatta in pezzi, viene cotta in recipienti riscaldati a vapore per circa 25 minuti con acqua, sale e spezie. Dopo bollitura, raffreddamento ed eliminazione di parti di scarto, la carne viene inscatolata con aggiunta di qualche pezzo di grasso; le scatole vengono colmate con brodo di cottura caldo, precedentemente bollito con le ossa, in modo da formare, raffreddandosi, la gelatina. Le scatole vengono quindi chiuse per aggraffatura e successivamente sterilizzate. Uno dei sistemi più razionali per la conservazione delle carni è quello basato sul corretto impiego delle basse temperature. Se le carni vengono portate e mantenute a temperature prossime ma superiori a quella di congelamento (0° C), sono dette refrigerate. In queste condizioni le carni mantengono la consistenza della carne fresca e possono essere conservate per periodi da una a tre settimane. L’uso quotidiano della carne esemplifica il fatto che l’uomo continua a dominare la catena alimentare. Quando l’uomo vuole dominare l’altro uomo nasce l’aggressività. Alcuni psicologi sostengono che l’uomo ha bisogno di esternare la propria aggressività all’esterno. Tra tutti gli sport, le arti marziali forse permettono meglio di tirare fuori l’istinto di aggressività per poi calmare l’individuo che pratica lo sport. Ci si può domandare sul senso che hanno oggi le arti marziali, in mondo che sempre più si sente la minaccia di guerre e distruzioni ambientali. Semmai si sentirebbe il bisogno di 'arti di pace'. Prima però di lasciarci andare in giudizi semplicistici bisognerebbe comprendere quale é stata la principale motivazione che spinse i monaci taoisti e buddisti e generali 'illuminati', a creare queste arti marziali. Il famoso detto cinese FU HU, "cavalcare la tigre", oggi divenuto molto famoso anche in occidente, ha una sua spiegazione nella concezione orientale dell'uomo: egli deve riuscire in ogni situazione ad avere consapevolezza delle proprie forze e di quelle della natura per non esserne sopraffatto, ma allo stesso non impedire a queste forze di manifestarsi, poiché dalla natura stessa dipende la sua stessa esistenza. Ad esempio un imprenditore totalmente immerso nel proprio lavoro, tanto da sognarlo anche di notte, è senz'altro un uomo che sta cercando di realizzarsi, ma a scapito del suo equilibrio funzionale, ed alla lunga possono subentrare disturbi anche gravi; viceversa un imprenditore che, finito il lavoro, sa anche dimenticarlo completamente mentre dipinge, suona o legge un libro, è un uomo che sa "cavalcare la propria tigre" cioè è un uomo capace di dirigere le proprie energie senza esserne schiavo. E' una meta difficile da raggiungere, ma la ricompensa vale il tentativo, poiché riuscire ad ottenere la "calma nel movimento" non significa "non impegnarsi", ma al contrario fare del proprio meglio sapendo poi anche distaccarsi dalle proprie azioni, e questo comporta serenità ed obiettività dove altrimenti vi sarebbero solo ansia e tensione. Così nel Tao Te Ching è definito il comportamento dell'uomo saggio: "Compiuta l'opera egli non rimane e proprio perché non rimane non gli viene tolto". Ciò significa saper "cavalcare la propria tigre". Il simbolo della tigre nelle Arti Marziali assume un'importanza estrema: nella moralità occidentale i lati negativi dell'uomo, come l'aggressività e la distruttività, vengono repressi a favore delle buone qualità. Ma una realtà repressa non per questo cessa di essere reale, anzi, la tigre ignorata e dimenticata nelle profondità dell'individuo continua a vivere ed a rafforzarsi. Spesso si constata come proprio le persone apparentemente più calme e tranquille giungano a esplosioni di rabbia e aggressività di cui loro stessi si stupiscono. La loro calma e tranquillità è dovuta solo a un convincimento morale e non ad una illuminata comprensione della propria intima natura. Così, una tigre ignorata quando esce allo scoperto è senza controllo e distrugge sia sé stessa che chi gli sta intorno. La morale orientale tende ad essere più tollerante verso la natura umana dando per scontato che essa è composta contemporaneamente sia di tenebre che di luce, di Yin e di Yang, e che non si può fare completamente a meno dell'uno a favore dell'altra. Da questo punto di vista il miglior comportamento nei confronti di un animale pericoloso, con cui si è costretti a convivere, è di addomesticarlo. Ecco che le arti marziali allevano la tigre e addirittura migliorano le sue capacità distruttive, ma allo stesso tempo la conoscono e la tengono sotto controllo. Più si è consapevoli e capaci di colpire in modo distruttivo più si abbassa la propria soglia di aggressività poiché è la paura che ci fa essere aggressivi mentre lo sicurezza di sè e la conoscenza dei proprio limiti favorisce lo calma e la ponderazione. Paradossalmente nelle arti marziali tradizionali si affronta il male per ottenere il bene. Tutto ciò può sembrare utopico, ma in realtà é l'unico motivo per cui le arti marziali tradizionali esistono ancora. Cessato il loro valore bellico, in piena era moderna, rimane soprattutto la loro importanza educativa. Per lavorare veramente per la pace e cercare di risolvere i conflitti dobbiamo anzitutto trascendere la nostra stessa conflittualità. Il Judo è una disciplina educativa basata su tecniche corporee che implicano uno stretto contatto con l'altro e l'apprendimento di esercizi di attacco e difesa nel rispetto di precise regole di comportamento. La parola Judo significa " via della cedevolezza" intendendo la ricerca di un progressivo annullamento dell'essere per raggiungere l'armonia tra uomo e cosmo che risultano alla fine uniti in una sola cosa. La sua origine è da ricercare in Giappone verso la fine del 1800 grazie all'opera del prof. Jigoro Kano (1860-1938) che seppe salvare alcuni aspetti del decadente Ju-jitsu e, dopo un'accurata selezione, li amalgamò, con molti nuovi contenuti, nel suo metodo educativo. Si tratta di un'attività in cui i praticanti cercano, attraverso le prese al judo- gi (abito da judo in cotone pesante), di portarsi in disequilibrio e, muovendosi con agilità, di sfruttare questa situazione per applicare una tecnica di proiezione (in giapponese "nage-waza") e far cadere l'altro con velocità e precisione. Questo è assolutamente privo di rischi per l'incolumità personale in quanto il tutto avviene su un apposito tappeto elastico (tatami) spesso montato su una pedana in legno e solo dopo l'apprendimento di precise tecniche per cadere senza ferirsi (ukemi-waza). Il corpo assume determinate forme per interrompere una rovinosa caduta e arrivare in maniera morbida a contatto con il tappeto. Esiste anche la possibilità di lottare corpo a corpo al suolo cercando di immobilizzare o di portare alla resa l'altro. Tutti questi esercizi sono affrontati dopo un'adeguata fase di attivazione e preparazione chiamata tai-so (quella che definiamo comunemente "ginnastica"). Jigoro Kano indica come finalità del judo: "amicizia e mutua prosperità attraverso il miglior impiego dell'energia" meglio espressa in "tutti insieme per crescere e progredire intelligentemente". Questo assunto spiega come la pratica deve costituire una vera e propria "palestra di vita" in cui sviluppare quelle doti necessarie per dare un proprio valido contributo nella società. Il miglior impiego dell'energia sta per un metodo e una disciplina nel nostro agire. Tutti insieme per crescere e progredire è il substrato morale del nostro agire, lo scopo della nostra auto-realizzazione. Per il sig. Kano, come del resto ormai per tutta la moderna pedagogia, attraverso il corpo e l'agire l'essere umano fa esperienza del mondo e dei principi etici per una pacifica convivenza. Egli individua tre livelli nel Judo:

  • Il Judo inferiore o shobu-ho
  • Il Judo medio o rentai-ho
  • Il Judo superiore o susshin-ho

Il judo inferiore mira soprattutto all'apprendimento dell'attacco e della difesa e all'efficacia in randori e in shiai. Il judo medio mira all'educazione fisica e mentale ed utilizza le tecniche di attacco-difesa per migliorare la salute, globalmente intesa, della persona. Il judo superiore supera i precedenti livelli per traslare le qualità, fatte proprie dalla persona, nella vita di ogni giorno. Si tratta di una suddivisione puramente teorica in quanto ogni livello è presente in ogni fase della pratica e si compenetra con gli altri anche se il terzo ha, in effetti, valenza di finalità rispetto ai primi due. Ogni judoista, sotto la guida dell'insegnante, è tenuto a non annichilire la pratica nel solo alveo del rafforzamento fisico o dell'efficacia nel combattimento. Questo non dovrebbero farlo, prima di tutti, i responsabili dei corsi. Il judo è una disciplina educativa per la formazione fisica e mentale. Poichè si pratica insieme il judo rappresenta una valido mezzo di socializzazione e condivisione di spazi, iniziative e interessi comuni tra i praticanti. Lo stretto contatto con l'altro aiuta a superare diffidenze e preconcetti verso chi ci sta vicino. Il rispetto di regole comuni, legate alla pratica, fa si che, sin dalla giovane età (si può iniziare anche prima dei sei anni), si apprende ad essere responsabili nei confronti degli altri, accettando piccole sconfitte, aiutando i compagni più giovani o inesperti, divenendo, in breve, coscienti di ciò che si può o non si può fare, non perchè imposto ma per una comprensione profonda, avvenuta attraverso il corpo. Il Judo si pratica nel Dojo (sala di meditazione) e l'abbigliamento utilizzato è il kimono bianco bloccato da una cintura, di diverso colore (giallo, verde, arancione, blu, marrone, nero) a seconda dei gradi del praticante. Il Judo è così la ricerca di armonia tra corpo ed anima: costituisce il superamento di quella aggressività, che Freud riteneva nascere da Thanatos o dall’istinto di morte.

 

 

B I B L I 0 G R A F I A

 

 

F. Antonelli, La preparazione mentale nello sport, 1994, Ed. Pozzi;

M. Ansaldo G. Giuli, Golden pages, 2001, Petrini;

F. Cerilli,, Merceologia, Tramontana, 1999;

F. Teulion, Dizionario di economia, Ed. Tascabili Economici Newton.

F. Traniello, Corso di Storia Contemponea, Ed. Sei;

S. Gugliemino H. Grossier, il Sistema Letterario, ed. principato, 1992, Milano;