Guittone d'Arezzo

 

Il XIII fu un secolo violento e stupendo ad un tempo. Faziosità guerra, conflitti d'interessi, gelosie, invidie e intolleranze erano il magma nel quale si muoveva una società ìn evoluzione, anzi al punto critico di una evoluzione, iniziata oltre cento anni prima e che ormai faceva sentire i suoi effetti.

Eppure, mentre Guelfì e Ghibellini, Papato e Impero, Comune e Feudalesimo, giungevano all'acrne dello scontro fioriva in Italia una nuova cultura la cui pregnanza raggiungeva ogni città. Era come se fosse sorta una repubblica delle lettere e delle arti che si poneva oltre i confini territoriali, al dì sopra delle ricorrenti contese, per affermare i valori dello spirito. Ad Arezzo, come altrove, ci furono uomini che parteciparono a tale eccitante avventura.

Primo fra tutti Guittone di Viva di Michele, che fu detto Guittone d'Arezzo, Era nato a Santa Firmina, sulle propaggini del Monte Lignano, poco dopo il 1230.

Suo padre rivestì per molto tempo la carica di camerlengo del Comune, oggi si direbbe economo o ragioniere capo; doveva dunque essere uomo di notevole cultura giuridica ed amministrativa.

In città esisteva già uno Studium o Università. Da Palermo giungevano in Arezzo gli echi dello splendore della corte di Federico Il di Svevia e, con quelli, vi penetravano le canzoni di Cielo d'Alcamo e dei poeti provenzali. Guittone fu attento alle novità e dagli eventi della politica cui appassionatamente aderiva militando nella parte guelfa.

Dopo la sconfitta dei guelfi a Montaperti (1260) cantò la sua amarezza. Fu qui, a, ne a storia della letteratura, la prima canzone politica.

Secondo una tradizione orale locale Guittone fu "rnagister" nell’università Aretina, ma ciò non trova riscontro oggettivo. Certo è che, dopo la sconfitta del suo partito preferì lasciare la città natale iniziando una peregrinazione che si concluse a Bologna nel 1294.

Uno stile creativo, il suo, di rottura entro la tradizione ormai lunghissima e stanca della poesia siculo-provenzale, introducendo d'impeto nel discorso lirico un'ardua tematica politico-religioso-rnorale che rompe gli argini della stilizzazione precedente.

Guittone apparteneva ad una cospicua famiglia aretina e il padre era stato anche tesoriere del comune, ai tempi della massima fioritura della città: di fronte alle lotte che si scatenano tra le fazioni, Guittone sceglie volontariamente l'esilio fuori della Toscana, entrando nel 1265 nell'ordine dei Milites Beatae Virginis Mariae quelli che furono detti i---fratigaudenti", il cui impegno era quello della pacificazione delle parti in lotta nei comuni e tra comuni. La conversione religiosa è anche conversione, letteraria; Guittone infatti era stato debitamente poeta della "fin 'amor" cioè dell'amor cortese siculo-provenzale, muovendosi nella consueta tematica dell'innamoramento alla vista della donna, della esaltazione sentimentale, delle sofferenze amorose, della lontananza e cosi via, mostrando già peraltro i segni della sua personalità nella insolita ricchezza espressiva e nella tendenza alla sperimentazione stilistica. Con la conversione Guittone sente che quel potere irresistibile dell'amore, da cui viene l'annichilimento dell'innamorato, fondamento di tutta la poesia lirica precedente, è immoralità e follia; di qui la decisione di abbandonare la tematica amorosa sostituendola con quella politico-morale, con adozione privilegiata della "canzone" come metro adatto a veicolare una tematica alta e solenne, di stile tragico (del poeta rimangono 50 canzoni, oltre a moltissimi sonetti per lo più amorosi). Naturalmente il passaggio da una tematica all'altra e già previsto dai canoni della poesia provenzale nella quale linguaggio amoroso e linguaggio politico si lasciano il posto a vicenda nell'ambito delle stesse figure espressive, specialmente nel metro alto della canzone ma Guittone accentua il passaggio di una fase all'altra, facendo della conversione il momento culminante di una vicenda esemplare, che si traduce anche in termini poetici e propriamente stilistici, e offrendo in questo modo uno schema organico di "canzoniere" che sarà adottato dallo stesso Dante e da Petrarca. Certo le rime di fra Guittone (è lui stesso a volere questo appellativo, per distinguersi dal Guittone di prima) sono estremamente ardue e complesse, sia perché introducono elementi di una realtà storica e ideologica difficilmente filtrabile attraverso gli schemi della lirica tradizionale, sia perché il poeta ricorre volutamente ali' "ornato difficile" per innalzare il tono poetico. Uno dei primi esempi di questo tipo di poetica è offerto dalla celebre canzone Alti lasso, or è stagion de doler tanto, per li sconfitta dei guelli fiorentini a Montaperti: l'aristocratico guelfo aretino trae spunto dalla vicenda per dar vita ad un'orazione morale il cui tema di fondo è la corruzione e la malizia dei tempi, a cui si contrappone un'antica grandezza simboleggiata da Roma antica (ed è un riferimento destinato a diventare d'obbligo per secoli) e dalla Firenze prima delle guerre civili, che avrebbe potuto diventare, senza lotte intestine, la nuova Roma. Si tratta, in questa canzone come nelle altre, di una poesia moralistico-oratoria che ha bensì per tema la politica presente, ma che tende ad innalzarsi ad una visione utopica e profetica rivolgendosi al passato come modello per un futuro diverso. In questo senso la poesia guittoniana rappresenta una tappa ineludibile sulla strada che sarà percorsa genialmente da Dante.

Lo stesso Dante, che fu il suo più severo critico, scrisse sonetti in quantità; e così fecero Cecco Angiolieri a Siena, Folgore da S. Gimignano, Cino da Pìstoia, Lapo Gianni e Guido Cavalcanti a Firenze, Guido Guininzzelli a Bologna, tanto per citarne alcug poeti che tutti, per un verso o per l'altro, avevano avuto contatti diretti con Guittone e ne avevano accolto il magistero.

del Prof. Massimiliano Badiali