Cristoforo Landino

Alcuni sanno che Cristoforo Landino, umanista e professore nello Studio Fiorentino, fu precettore di Lorenzo il Magnifico, di Marsilio Ficino e del Poliziano.

Pochi riconducono il suo nome a lacopo Landino, suo bisavolo, pittore dei '300 meglio conosciuto come Iacopo da Casentino. Costui nacque a Pratovecchio, fu discepolo di Taddeo Gaddi, collaboratore e forse maestro di Spinello Aretino, e tanto operò in terra d'Arezzo e altrove in quella fervida prima metà del XIV secolo.

Dunque per discendenza e per profonda attrazione, benché nato a Firenze nel 1424, Cristoforo Landino può considerarsi a tutti gli effetti originario di terra di Arezzo. Inoltre, per i suoi molti meriti ebbe in dono da Lorenzo dei Medici il Palazzo castellano di Borgo alla Collina, "Magnifica aedes" in Casentino, dove a lungo studiò e visse. Oggi quella casa è ben degna sede dell'Accadernia Casentinese (attuale presidente Prof. Vittorio Vettori).

Ivi morì Cristoforo Landino pare nel 1498, ma secondo lo studioso Bandini la sua vita ebbe termine solo nel 1504 e quando aveva già ottant'anni.

Come molti umanisti del tempo si occupò delle opere dei classici e commentò in latino gli scritti di Orazio e di Virgilio. Ma Cristoforo Landino è ricordato principalmente come primo commentatore in volgare della Divina Commedia, stampata per la prima volta a Firenze nel 148 1, veste in cui, sulle orme di Guittone, di Dante e di Francesco, si pone come autorevole sostenitore dei volgare, derivazione dal latino in uso fra il popolo, e della cultura che in esso si esprimeva. E per questo fu detto "restauratore delle buone lettere". Commentate da Cristoforo Landino a tutt'oggi sono conservate ben quattro copie della Divina Commedia, di cui due proprio del 148 1, di quelle stampate a Firenze dal Della Magna e illustrate con incisioni su rame tratte da disegni di Sandro Botticelli, e due più tarde di circa un decennio stampate a Venezia e illustrate a xilografie.

Una curiosità: antenato dì Cristoforo Landino fu un certo Landino di Nato Landini, compagno d'arme di Dante Alighieri nella battaglia di Campaldino. Come si vede il feeling fra il grande poeta e il commentatore della sua Commedia era cominciato per vie misteriose già da molto lontano.

Membro di una delle più antiche Accademie italiane, con sede a Camaldoli, frequentata dai più insigni umanisti del tempo, il Landino fu autore delle " Disputationes Camaldulenses", preziosa raccolta dei contenuti delle dispute dotte che si tenevano in occasione di tali incontri e che il Landino volle dedicare al grande umanista e signore di Urbino, Federico II da Montefeltro.

Il Vasari immortalò la figura di questo suo conterraneo dipingendolo fra i grandi in Palazzo della Signoria a Firenze, con il globo in mano.

Fu sepolto nella chiesa del luogo da lui amato e abitato negli ultimi anni della sua vita e dal quale tanta luce irradiò nelle lettere e per il mondo. Dove oggi giace riconosciuto in una sontuosa urna di marmo, per strana devozione nata dal rispetto e trasformatasi con il tempo, fino a meno di due secoli fa gli abitanti di Borgo alla Collina venerarono il suo corpo come fosse quello di un santo, senza orinai saperne più il nome.

Si disse di lui :" Per costumi e per dottrina 1 un vero specchio, anzi fulgente sole".