Masaccio

Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai, detto Masaccio, nasce a Castel San Giovanni in Altura, oggi San Giovanni Valdarno (a trentasette chilometri dalla città di Arezzo), il 21 dicembre del 1401. Giorgio Vasari riferisce che il pittore "fú persona astrattissima e molto a caso, come quello che avendo fisso tutto l'animo e la volontà alle cose della arte sola, si curava poco di sé e manco di altrui. E perchè ei non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro, al vestire stesso, non costumando riscuotere danari da' suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, [ .... ] fu da tutti detto Masaccio. Non già perche e' fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta trascurataggine con la quale niente dimanco era egli tanto amorevole nel fare altrui servizio a piacere, che più oltre non può bramarsi".

Rimasto orfano del padre a cinque anni, nel 1417 si trasferisce a Firenze. Nel 1422 si iscrive all'Arte dei Medici e degli Speziali e, già nel 1424, si è qualificato pittore indipendente perchè compare nel Libro dell’Arte dei Pittori. Gran parte della critica gli attribuisce - come una della sue prime opere - il trittico con la Madonna con Bambino e quattro Santi, scoperto poco più di venticinque anni fa nella chiesa di San Giovenale a Cascia (presso Reggello, in provincia di Firenze) ed attualmente conservato nella vicina pieve di San Pietro.

L'attività artistica di Masaccio si svolge nel breve arco di sei anni perchè il pittore muore prematuramente a Roma, nel 1428, appena ventisettenne; e ciò nonostante la sua pittura innovatrice segna una svolta fondamentale nella storia dell'arte. Infatti l'artista sviluppa in pittura i nuovi principi spaziali dell'arte rinascimentale attuati da Brunelleschi in architettura e da Donatello in scultura mentre lo stile dominante in Europa occidentale - e nella maggior parte delle regioni italiane tra cui la Toscana - grosso modo dal 1380 al 1430, è ancora 9 gotico fiorito, detto anche internazionale, caratterizzato dall'eleganza dei segno grafico, dalla raffinatezza tecnica e dalle preziosità dei particolari resi con estrema grazia e finezza. E singolare è il fatto che nelle stesse opere lavorano insieme Masaccio, il grande innovatore, e un famoso maestro dello stile internazionale: Masolino, suo conterranco. Ma i loro stili rimangono sempre ben identificati l'uno dall'altro, perchè Masaccio si fa interprete dei nuovi principi prospettici e naturalistici della cultura rinascimentale. Tutto ciò appare evidente se si confronta l'affresco di Masolino raffigurante le scene della Guarigione dello storpio e della Resurrezione di Tabita, nella Cappella Brancacci, in Santa Maria del Carmine a Firenze, con il dipinto di Masaccio rappresentante il Tributo e il San Pietro che guarisce con l'ombra, della parete antistante. Masaccio definisce le proporzioni tra i diversi oggetti in modo geometricamente esatto, secondo leggi matematiche. I suoi personaggi hanno una evidenza volumetrica costruita con il colore, gettano sulla terra ombre vere e colpiscono per l'espressività: infatti, le figure sono caratterizzate da forte intensità emotiva, nei volti e nei gesti essenziali, in contrasto al gusto descrittivo, quasi fiabesco, dell'arte tardogotica di derivazione nordica. Comunque, il punto di arrivo della ricerca espressiva di Masaccio è rappresentato dall'affresco della SS. Trinità, nella chiesa di Santa Maria Novella, a Firenze. Nella cappella l'artista dipinge lo scorcio di una volta che per la straordinarietà dell'impianto prospettico suggerisce uno spazio reale e richiama le architetture dì Brunelleschi. Inoltre, le figure inseritevi esprimono un senso di plasticità e monumentalità di sapore squisitamente donatelliano.

Dopo il recente restauro degli affreschi della Cappella Brancacci nella scena del Tributo, dietro le figure è emerso un magnifico paesaggio di fine inverno, dipinto con colori chiari e luminosi. Non si comprende se il grigio chiarissimo sulle cime dei monti sia neve o brina, ma a noi aretini piace pensare che in questa pittura vi sia raffigurato il paesaggio valdarnese, anche perché, fino ad oggi, non risulta che Masaccio abbia lasciato nella natia San Giovanni alcuna testimonianza sicura della sua pittura.

 

Massimiliano Badiali