Spinello Aretino

Sebbene le tracce dell’opera di Spinello, pittore Aretino, siano ancora numerose e in qualche caso l'opera sua ci giunga ancora integra e splendente, molto, vorremmo dire troppo, per incuria degli uomini e implacabilità del tempo è andata o irrimediabilmente perduto.

Lungo sarebbe fare l’elenco di quanto dipinse e dove, che per questo possiamo serenamente rimandare alla chiara ed esauriente descrizione che ne fa il Vasari nelle sue "Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori". Lo stesso volle dipingere l'immagine entro un medaglione sulle pareti della Camera della Fama e delle Arti, nella sua bella casa ad Arezzo in borgo S. Vito, l'attuale XX Settembre, fra quelli che egli considerò della nostra terra padri della pittura e suoi formatori.

Nacque Spinello, alcuni dicono intorno al 1346, benché altri adducano buoni motivi per vederne anticipata la nascita di almeno un decennio. La sua famiglia, originaria di Capolona ( 15 km da Arezzo sulla casentinese), ebbe artisti ed incisori. Fu Luca suo padre, orefice raffinato, che si trasferì in Arezzo dove Spinello crebbe "tanto inclinato da natura all'essere pittore, che quasi senza maestro, essendo ancor fanciullo, seppe quello che molti esercitati, sotto la disciplina d'ottimi maestri, non sanno". (Vasari).

La sua formazione proviene comunque, oltre che dal fare nella bottega paterna, tramite Iacopo da Casentino, da Taddeo Gaddi, uno dei principali seguaci di Giotto.

Ma così complesso era il clima artistico e culturale del tempo, che è ben difficile dare nomì~ volti e collocazioni precise ed esaurienti a maestri e discepoli, Di questo secolo, riguardo a Spinello Arctíno, di recente studio è l'importante personalità di Andrea di Nerio, forse suo collaboratore o più probabilmente, suo maestro in Arezzo.

Corto che nel '3 00 la nostra città vide tutto un fiorire di arti, che si innestavano in quel clima di rinnovamento già iniziato nel secolo precedente con le costruzioni terminate e da terminare della Pieve di S. Maria, di S. Domenico, di S. Francesco e con l'istituzione dell'Università voluta dagli Ubertini.

Il tempo del Tarlati poi, la sua politica, l'ampliamento della cinta muraria da lui voluta ed attuata, fecero il resto.

E a Spinello, ai pittori contemporanei a lui, che a luì dovevano guardare per l'originalità e la buona fattura delle sue opere, che già in parte si distaccavano dalla pittura prettamente gotica per avviarsi verso una composizione ed una concezione di ampio respiro, al figlio di lui Parri di Spinello, non rimase che affrescare chiese, palazzi, portici della città. I lasciti delle due pesti dei trecento contribuirono al fiorire delle arti ché, tramite le Compagnie di soccorso attive già da molto tempo in Arezzo, sì assegnarono numerose le commissioni per pitture a fresco e su tavola.

La gente per lo più non sapeva né leggere né scrivere, ma poteva ben intendere ed apprendere da quelle magnifiche scene colorate.

Quello che è rimasto dì Spinello e della sua scuola si può ammirare in S. Domenico, in S. Francesco, nei palazzi e nei Musei di Arezzo. Vasti cicli delle sue opere rimangono a Firenze e a Siena. Dipinti su tavola si trovano a Parma e ai Musei di Cambridge e di Leningrado.

A noi non rimane che rimpiangere, insieme agli insignì monumenti andati distrutti, le pitture che Spinello Aretino esegui nel Duomo Vecchio sul Pionta ad Arezzo , in S. Bemardo e nella chiesa di S. Angolo. In quest'ultima, quando era già molto vecchio egli dipinse a fresco alcune storie dì S, Michele con un Lucifero, battuto dall'Arcangelo e "già mutato in bestia bruttissima', di cui egli stesso così tanto si spaventò che, al dire dei Vasari, ossessionato giorno e notte da quella visione, ormai ultranovantenne di lì a poco morì.

Il popolo aretìno, dolente per la gran perdita, gli rese molti onori e, da allora in poi, chiamò quella chiesa Chiesa dei Diavoli.

Alcuno pitture staccate nel 1886 presero la via di Londra, Nel 1971 ínfatti la Chiesa, ormai fatiscente e destinata da tempo ad usi profani, era stata demolita, secondo il progetto di riorganizzazione degli spazi fra la Stazione e Piazza Guido Monaco.

Il Duomo Vecchio, orgoglio e centro culturale della città, invece fu fatto distruggere per volere di Cosirno I dei Medici nel 1561 e fu un lutto per le mernorie, per la storia, per l'arte di Arezzo e del mondo intero.

Al suo interno Spinello Aretino aveva dipinto anche le storie dei Magi fra cui uno dei Re Sacerdoti portava l'effigie di Iacopo da Casentino. Cosi, e perchè durasse nel tempo, il maggior pittore d'Arezzo di quel secolo aveva voluto rendere onore al primo maestro e al fondamentale amico. Perchè quelli erano tempi, ormai lontani, della riconoscenza e della memoria.

della Prof.ssa Lelia Burroni