Dalla fotografia sperimentale alle ricerche della nuova fotografia americana

 

Fondata nel 1903, "Camera Work" fu la più importante rivista americana di fotografia dell'inizio del Novecento e una delle più affascinanti dell'intera storia di quest'arte. Aveva un aspetto insolitamente raffinato. La copertina era disegnata nel delicato stile dell'art nouveau; le fotografie, stampate in fotoincisione su carta giapponese, erano incollate su un cartoncino e protette da un foglio di carta velina. Ma al di là di questo aspetto, l'importanza di "Camera Work" si fonda su una visione moderna della fotografia. Insieme alla convinzione che la nuova arte fosse una realtà espressiva assolutamente autonoma, vi era quella che per meglio comprenderla, per meglio cogliere il gusto e il fascino dei suoi frutti, bisognasse inserirla nel più ampio tessuto della cultura figurativa e pia estesamente in quello della modernità.

Sin dai primi numeri, la rivista, accanto agli articoli di critica e tecnica fotografica, pubblicò aforismi, poesie, scritti di filosofia e saggi sui movimenti artistici contemporanei. E in tal modo la sua funzione, trascendendo lo specifico fotografico, si costituì nella complessità del passaggio dai valori estetici dell'Ottocento a quelli dell'arte moderna.

Dal punto di vista strettamente fotografico, "Camera Work" divenne il luogo d'incontro tra le ricerche europee e quelle americane: quelle ricerche che stavano determinando la nascita della fotografia moderna.

Fondatore e proprietario di "Camera Work" fu Alfred Stieglitz, che ne condizionò profondamente il cammino; anzi, possiamo dire che la rivista seguì in modo evidentissimo le oscillazioni di gusto dei celebre fotografo, collezionista di opere d'arte, nonché animatore di una delle pia famose gallerie del ventesimo secolo, la "291" ' cosiddetta dal numero della Quinta Strada di New York dove fu aperta nel 1905.

Per "Camera Work" così come per la "291" vale una notazione di Stieglitz sul movimento fotosecessionista americano, del quale sono entrambe espressione, "l’idea della secessione non è al servizio o il prodotto di un mezzo: essa è uno spirito. Uno spirito tutto interno all'antipositivismo, idealismo filosofico bergsoniano, nonché alla fascinazione per l'Oriente e l'arte africana.

Attraverso "Camera Work" - che nel numero del luglio 1912 pubblica alcune pagine de Lo spirituale nell'arte di Vasilij Kandinskii - e della "291' gli americani conoscono l'opera di Toulouse Lautrec, Cézanne, Matisse, Brancusi, Picasso, Picabia, Braque, Severini e dei fotografi Steichen, Stieglitz, Evans, Demachy, Cobum, Strand. A questa attività si accompagnavano gli interventi di scrittori e critici come Bernard Shaw, Ciscar Wilde, Gertrude Stem, Charles Caffin, Benjamin De Cassares.

Come si può immediatamente capire, non si trattava di esperienze omogenee, cosi come non fu omogenea la fotosecessione, in cui il dato comune era costituito dalla protesta contro l'uso della fotografia come mezzo puramente meccanico di riproduzione della realtà" e dal suo riconoscimento come strumento di espressione artistica. Ma in quegli anni il problema della fotografia intesa come arte non era ancora stato risolto.

Basti leggere qualcuna delle considerazioni riportate dalla stessa "Camera Work", come quella di Alice Boughton, comparsa sul numero 26, uscito nell'aprile del 1909: "il problema dell'artisticità della fotografia ha sollevato molte polemiche; sono molti a sostenere che la fotografia è arte. Questa rivendicazione mi sembra eccessiva perché dopo tutto l'aspetto meccanico gioca un ruolo troppo importante per giustificare apprezzamenti così generosi. Questo tuttavia non toglie nulla al valore artistico e alle potenzialità espressive della fotografia".