TESINA INTERDISCIPLINARE

Prof. Massimiliano Badiali

DALLA GUERRA FREDDA ALLA GLOBALIZZAZIONE

L’UOMO AL BIVIO TRA

SCIENZA O NATURA

 

PRESENTAZIONE

L’uomo del nostro tempo si trova al bivio: alcuni ritengono che il progresso sia il fine ultimo dell’uomo, altri lo vedono come un rischio reale e tangibile, per l’inquinamento industriale e ideologico dell’uomo contemporaneo. L’uomo oggi si trova ad un bivio : o la natura o la scienza. Dimostrerò l’esistenza dei due principi ideologici, attingendo a discipline umanistiche, scientifiche, chimiche per dimostrare l’esistenza di questa problematica oggi. Illustrerò pertanto il cammino storico dell’uomo nel nostro secolo, attraverso la descrizione della guerra fredda fra i due blocchi ideologici fino alla caduta del muro di Berlino, simbolo della caduta dei regimi comunisti.

 

 

 

ARGOMENTI TRATTATI

Storia: La Seconda Guerra Mondiale, i fatti salienti della GUERRA FREDDA: Yalta alla caduta del muro di Berlino, l’industrializzazione e la globalizzazione;

Italiano: Eugenio Montale e il male di vivere;

Inglese: Samuel Beckett o il teatro dell’assurdo;

Diritto: L’industria e i fattori produttivi

Merceologia: Le fibre tessili

Scienze degli alimenti: Il latte

Educazione Fisica: Sport di squadra: pallavolo

Pedagogia-psicologia: J.J. Rousseau

 

La seconda guerra mondiale è riconosciuta dagli storici come il più violentemente spettacolare fenomeno bellico-sociale che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto. Nessun avvenimento ha segnato così profondamente la vita di (quasi) tutta la popolazione mondiale, niente fu tanto sconvolgente e drammatico, nulla da allora sarà più come prima. Tutti i rami della società furono toccati e da essa mutati profondamente. Dalla scienza alle ideologie politiche, dall'industria alla cultura, tutto fu inglobato nel gigantesco vortice della guerra. Gli episodi e gli avvenimenti che si tramanderanno fino all'estinzione della specie umana sono innumerevoli. Auschwitz, Hiroshima, Pearl Harbor e tanti altri sono nomi che non saranno mai rimossi dalla memoria dei popoli. Simboli di una crudeltà e una malvagità che l'umanità non aveva mai conosciuto neanche nelle epoche più barbare. Questa universalità di fenomeni mi ha sempre affascinato. Quei sei anni nell'evoluzione politica e sociale del genere umano sono stati più decisivi di quanto sarebbero stati cento anni in tempo di pace. Per questo credo che chiunque sia appassionato di storia, non possa non vedere nella seconda guerra mondiale l'idealtipo del fatto storico, l'avvenimento fondamentale e imprescindibile per la comprensione della seconda parte del XX° secolo. Certo le cause maggiori, che fecero scoppiare la Seconda Guerra Mondiale dipesero dalla Germania. In Europa nel 1939 si era andato definendo sempre più il disegno imperialistico tedesco, volto a espandere il territorio abitato dai tedeschi, teorizzato da Hitler, che identificò praticamente la propria biografia con il culmine e il compimento della storia tedesca. Il disagio del popolo tedesco, causato da inflazione e miseria, in conseguenza delle pesati condizioni di pace che la Germania dovette subire dopo la sconfitta nella grande Guerra (indenizzo e perdita dell’Alsazia, Lorena e di Danzica), portò alla volontà di appoggiare dei gruppi militaristici e nazionalisti, fautori ll’avvento del nazionalsocialismo. Le cause concomitanti che portarono allo scoppio di tale guerra furono: addossamento delle intere responsabilità della prima guerra mondiale alla Germania; divergenza fra il punto di vista angloamericano, più moderato, e quello francese, più sospettoso, riguardo la ripresa politica ed economica consentita alla Germania; insoddisfazione dell’Italia per i risultati della vittoria (non tutti i territori promessi con il patto di Londra le furono concessi). La guerra era l'ultimo scopo della politica di Hitler. Nel '39 la Germania è diventata la nazione militarmente più forte in Europa. Hitler aveva annesso praticamente tutte le zone al di fuori della Germania in cui si parlava il tedesco. Gli altri paesi seguono l'aggressiva politica estera della Germania con crescente preoccupazione. A tutti i costi vogliono evitare una nuova guerra mondiale, ma non vedono che le concessioni a Hitler non servono a niente, lui avrebbe fatto la guerra in ogni caso. Dopo aver annesso l'Austria, conquistato la Boemia, sottomesso la Slovacchia, nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia, avendo prima firmato un'alleanza militare nel ‘39 il patto Ribbentrop-Molotov con l'Unione Sovietica di Stalin. Di fronte a questo ulteriore grave atto, le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna, dichiararono guerra alla Germania, ma non riuscirono ad impedire la conquista, da parte dei tedeschi, della Polonia e della Norvegia. Nella primavera del 1940, Hitler volse l'esercito tedesco contro la Francia, che in poche settimane venne spazzato via. Il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era allo stremo, l'Italia fascista di Mussolini dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Conquistata la Francia la Germania cercò, inutilmente, di invadere la Gran Bretagna, mentre in Africa l'Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Nell'ottobre del 1940 l'Italia intraprese la conquista della Grecia, partendo dalla colonia albanese, ma, di fronte ai disastri militari italiani, dovette intervenire la Wermacht tedesca, che, in pochi giorni, conquistò la Jugoslavia e invase la Grecia. Nel giugno del 1941 la Germania iniziò l'invasione dell'Unione Sovietica, sostenuta anche in quest'opera dall'esercito italiano. Le armate nazi-fasciste giunsero fino a Mosca, Leningrado e Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una pesante sconfitta che le costrinse a ritirarsi disordinatamente verso ovest. In Oriente, frattanto, Il Giappone, che voleva espandersi nel Pacifico, attaccò la flotta americana nel dicembre ‘41 nel porto di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii, per prevenire una loro possibile reazione a questo piano. Con il conseguimento della vittoria, il Giappone si lanciò alla conquista dell’Asia e del Pacifico e in meno di un anno si impadronì delle isole e delle penisole del sud-est asiatico. Quella che sembrava ormai un’avanzata irresistibile trovò una prima battuta d’arresto nella battaglia del Mar dei Coralli (maggio ‘42), nella quale gli americani bloccarono l’espansione giapponese verso sud. La strategia bellica del Giappone si basava su attacchi lampo mirati al massimo sfruttamento delle risorse. Nei territori occupati venne istituito il lavoro forzato che obbligò circa 300000 lavoratori ad espatriare per servire l’Impero giapponese. Anche i giapponesi crearono, fuori dal loro territorio, campi di concentramento, nei quali i prigionieri venivano trattati con disumana ferocia. Mentre nel Pacifico infuriava la guerra navale, sul fronte orientale le forze dell’Asse prepararono una potente offensiva contro Stalingrado, allo scopo di puntare poi verso Mosca. Ma i russi difesero accanitamente la città e nel novembre le armate sovietiche scatenarono la controffensiva; il freddo, la fame, i bombardamenti decimarono gli uomini della Wehrmacht, che nel gennaio 1943 si arresero alla Russia. Come risposta alla Carta Atlantica, Hitler decise di dare un nuovo ordine ai territori conquistati. Uomini, donne e bambini ebrei, che erano già stati perseguitati, vennero rastrellatiin tutta Europa dalle Ss e Gestapo e deportati in campi di lavoro e di sterminio, come Auschwitz, Dachau. Mauthausen e Buchenwald. Una volta avviati su carri bestiame ai campi di concentramento, gli uomini validi erano costretti ai lavori forzati per le industrie tedesche, donne, anziani e bambini erano inviati nelle camere a gas. Con l’aumento delle difficoltà in guerra per i tedeschi, si passò all’allucinante obiettivo di eliminare completamente la razza ebraica adottando la soluzione finale, cioè lo sterminio di massa. Le tecniche di sterminio si erano così perfezionate che ad Auschwitz era possibile uccidere in un solo giorno 16000 persone. Gli ebrei trucidati dai nazisti furono circa sei milioni. La situazione dell’Africa non era sicuramente migliore di quella del resto del mondo, infatti, l’Italia dopo aver perso nel ‘41 i territori nell’Africa orientale, riuscì a cacciare Francia ed Inghilterra da Egitto e Sudan, grazie al generale Rommel, mandato in suo aiuto da Hitler nel ‘42. Si assicurò inoltre parte dei territori coloniali del Corno d’Africa e stabilì una testa di ponte in Tunisia. In risposta a queste conquiste, l’Inghilterra inviò il generale Montgomery che riuscì a fermare le truppe italo-tedesche ad El Alamein. Questo contrattacco venne accompagnato dallo sbarco anglo-americano in Algeria, che sconfisse le truppe nemiche in Tunisia nel ‘43 e da qui approdò poi in Sicilia, occupandone facilmente i territori. Al momento di questo sbarco, la situazione interna dell’Italia era difficile; il regime fascista doveva fare i conti con una guerra non voluta dalla popolazione. Gli italiani ormai volevano solo liberarsi della guerra e dell’uomo che più di tutti l’aveva voluta: Mussolini. Nella seduta del Gran Consiglio del 25 Luglio del ‘43 un ordine del giorno dichiarò la sfiducia a Mussolini, destituito e fatto arrestare da Vittorio Emanuele III. Il governo venne allora affidato al maresciallo Badoglio, ma l’entusiasmo popolare venne smorzato dalla dichiarazione della continuazione della guerra. Con l’allontanamento di Mussolini dal governo e l’ascesa al potere di Badoglio, la situazione italiana diventò ambigua, infatti, non si capiva se considerare i tedeschi amici o nemici. Questo dubbio si sciolse solamente quando il maresciallo Badoglio entrò in contatto con gli americani, inglese e francesi, con i quali stipulò un armistizio, che venne reso noto l’8 settembre 1943. Dopo la stipulazione di tale armistizio, il maresciallo Badoglio raggiunse il re, che aveva lasciato Roma per rifugiarsi a Pescara, che era già sotto il controllo degli alleati. Mussolini venne liberato pochi giorni dopo l’annuncio dell’armistizio dai paracadutisti nazisti e fu rimesso dai tedeschi a capo di un governo fascista, la Repubblica Sociale Italiana, nota come Repubblica di Salò, sul lago di Garda. L’Italia si trovò divisa in due: il nord era occupato dai tedeschi e governato dai repubblichini fascisti, il sud era controllato dagli angloamericani e governato da Badoglio. Gli scontri tra i due eserciti trasformarono il paese in un sanguinoso campo di battaglia; le truppe della Wehrmacht contrastarono l’avanzata verso nord degli Alleati, che però il 3 ottobre 1943 riuscirono ad entrare a Napoli, già liberata dai tedeschi da un’insurrezione popolare. Il fronte si attestò un po' più a nord, qui le forze alleate presero tempo per logorare le divisioni tedesche in vista dell’offensiva decisiva. Subito dopo l’occupazione tedesca, anche in Italia si formarono i primi gruppi partigiani. La guerra partigiana italiana durò circa due anni e costò la vita a più di 70000 persone, tutti determinati a liberare il paese dall’invasione e a creare una nuova società, libera e giusta. Essi, nascosti tra le montagne, organizzavano azioni di guerriglia e di sabotaggio, colpendo con attacchi fulminei il nemico, che subiva la minaccia delle loro offensive. Dopo un periodo di stasi, gli Alleati forzarono la linea di Cassino e, congiungendosi con le truppe sbarcate ad Anzio nel gennaio 1944, penetrarono verso Nord e arrivarono a Roma; la città venne liberata il 5 giugno 1944. I contingenti alleati proseguirono poi verso la Toscana, dove la guerriglia partigiana conduceva un’efficacissima lotta contro i tedeschi. La penetrazione degli Alleati dovette arrestarsi sugli Appennini tosco-emiliani, in quella che venne definita la linea gotica. Nel frattempo, a Roma erano avvenuti grandi rivolgimenti nel governo, grazie alla partecipazione dei partiti antifascisti; il re Vittorio Emanuele III aveva abdicato a favore del figlio Umberto e la presidenza del consiglio era passata a Ivanoe Bonomi. L’attacco decisivo contro la Germania scattò il 6 giugno 1944: cinquemila navi, protette da una flotta aerea, sbarcano le truppe in Normandia, al Nord della Francia. La grande concentrazione di mezzi permise alle truppe alleate di avanzare nel territorio francese, aprendosi la strada verso Parigi, mentre la guerriglia partigiana organizzava l’insurrezione popolare in diverse città. A settembre la liberazione della Francia era completata: a Parigi si insediò il governo del generale De Gaulle. Intanto l’avanzata russa da Est obbligò i nazisti a concentrare le forze e ad abbandonare la Grecia, che venne liberata nel mese di ottobre dagli Inglesi. Essi favorirono la creazione di un governo conservatore, escludendo le formazioni partigiane della Resistenza. Nel Pacifico, gli Stati Uniti organizzarono un’offensiva ininterrotta, diretta a liberare le zone occupate dal Giappone, che però era deciso a difenderle. Grandi battaglie aeroenavali portarono gli Stati Uniti alla riconquista delle Filippine e delle altre isole del Pacifico. Sul fronte orientale, le armate russe riconquistarono i territori occupati dai nazisti e nell’agosto del 1944 giunsero vicino a Varsavia. Penetrarono poi in Jugoslavia, ricongiungendosi con l’esercito partigiano di Tito (capo della Resistenza jugoslava) e liberando il paese. I bombardamenti dell’aviazione americana rasero al suolo numerose città tedesche, facendo migliaia di vittime tra la popolazione civile. Ciononostante Hitler organizzò le ultime inutili offensive: un bombardamento di Londra con nuovi potentissimi missili e un attacco nelle Ardenne, in Belgio. Nei primi mesi del 1945 la morsa si strinse intorno al Reich; a fine marzo gli anglo-americani penetrarono nel territorio tedesco, dopo aver distrutto con i bombardamenti la rete ferroviaria del paese. I russi avanzarono da Est, occupando Vienna (13 aprile) e finalmente Berlino (2 maggio). Il 30 aprile, Hitler si suicidò nel bunker in cui si era rifugiato. La Germania era definitivamente vinta e il 7 maggio del 1945 si arrese agli Alleati. In Italia gli alleati sfondarono la linea gotica (23 aprile 1945) e avanzarono verso Nord. Le città settentrionali insorsero e il 25 aprile i partigiani liberarono Milano e Genova, il 26 aprile Torino. Ai tedeschi non restava che accettare la resa (29 aprile 1945). Anche se le sorti della guerra erano ormai segnate, il Giappone era determinato a continuare i combattimenti, impegnando ad oltranza le forze degli anglo-americani. Le disperate azioni dei kamikaze (piloti suicidi) e la tenacia dei soldati infliggevano gravi perdite umane agli americani. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Henry Truman, successo a Roosevelt, prese la grave decisione di utilizzare una nuova arma messa a punto da poco: la bomba atomica. Il 6 agosto 1945 la prima bomba venne sganciata sulla città giapponese di Hiroshima, provocando la morte immediata di 90000 persone, a cui seguirono altre migliaia di morti dovute agli effetti delle radiazioni. Dopo tre giorni venne lanciata un altra bomba sulla città di Nagasaki, dove morirono all’istante oltre 50000 persone. Il Giappone si arrese il 2 settembre 1945. La guerra era finita. L’aggressività espansionistica di Hitler aveva seminato morte e devastazione in tutto il mondo; era compito delle potenze vincitrici estirpare i presupposti ideologici e politici che avevano reso possibile l’affermazione del nazismo. Le potenze vincitrici decisero di processare "per delitti contro l’umanità" i principali capi nazisti; il processo si tenne a Norimberga dall’ottobre del 1946 e si concluse con la condanna di alcuni responsabili dei massacri, che vennero riconosciuti "criminali di guerra". Per i vincitori del conflitto rimaneva aperto il problema dell’assetto politico da dare alla Germania. Con le Conferenze di Yalta (4-12 febbraio 1944) e di Postdam (17 luglio - 2 agosto) (febbraio 1945) si stabilì che l’Europa occidentale, compresa la Grecia, sarebbe stata assegnata agli anglo-americani e l’Europa orientale all’influenza sovietica. Questo provocò la divisione del mondo in due blocchi ideologici: gli accordi stabilivano l’influenza parziale o totale dell’URSS nei paesi dell’Europa orientale (Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Albania) che l’Armata rossa aveva liberato dalla dominazione tedesca, mentre l’Italia e la Grecia, con tutte le altre nazioni occidentali, sarebbero dovute rimanere sotto l’influenza americana. La carta d'Europa mutò profondamente. Le maggiori annessioni furono realizzate dall’Unione Sovietica la quale aggiunse alle terre occupate tra il 1939 e il 1940 (Galizia, Estonia, Lettonia e Lituania) e la Polonia orientale. Quale compenso per tale perdita il nuovo governo polacco ricevette dalla Germania l’ampia fascia territoriale comprendente importanti centri quali Stettino e Breslavia nonché Danzica e il suo territorio. Tra il luglio e l’ottobre del 1946, i rappresentanti dei 21 paesi si riunirono a Parigi per stipulare le condizioni di pace che furono firmate nel febbraio del 1947. L'Italia dovette cedere l'Istria e parte della Venezia Giulia alla Iugoslavia; l'Austria e la Cecoslovacchia riottennero l'indipendenza. La Germania, privata di una buona parte dei territori sul confine orientale (Prussia orientale, Pomerania e Slesia, cedute alla Polonia), venne divisa in due repubbliche, la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca, mentre Berlino risultò a sua volta divisa fra gli ex alleati in quattro settori. Da Yalta in poi fino 1989 assistiamo al capitolo di storia, a noi contemporaneo, chiamato guerra fredda. Il primo avvenimento della "guerra fredda" fu la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti Truman (marzo 1947), nella quale egli si impegnava a sostenere militarmente e finanziariamente i governi minacciati dal comunismo (dottrina Truman di "contenimento del comunismo"). La politica enunciata da Truman non si prefiggeva l'obiettivo di intervenire negli Stati dell'Europa centro- orientale presidiati dall'esercito sovietico, ma di impedire l'espansione del comunismo negli altri paesi. Alle parole Truman fece seguire subito i fatti chiedendo al Congresso la concessione di aiuti militari ed economici alla Grecia, dal 1946 teatro di una sanguinosa guerra civile tra le forze monarchiche al governo e i comunisti, e alla Turchia, considerata troppo esposta alla pressione sovietica. Con il lancio del piano Marshall (giugno 1947) la politica americana di "contenimento del comunismo" si dispiegò in Europa. Così chiamato dal nome del segretario di Stato americano che lo promosse, il piano consisteva in un'offerta di aiuti economici per oltre 13 miliardi di dollari da parte degli USA ai paesi europei devastai dalla guerra al fine di agevolarne la ricostruzione. In linea di principio non erano esclusi neppure l'URSS e i paesi dell'Europa centro-orientale passati sotto la sua sfera di influenza. L'obiettivo dell'iniziativa statunitense, che aveva certamente anche contenuti umanitari, era anzitutto economico e politico. Infatti, mediante il risanamento delle economie europee, gli Stati Uniti puntavano ad assicurarsi un vasto mercato per i propri prodotti, oltre che rimuovere le cause di un disagio popolare che avrebbe potuto allargare l'area del consenso sociale alla propaganda anticapitalista dei partiti comunisti. Nello stesso Washington esercitò forti pressioni perché i comunisti fossero estromessi dai governi di coalizione, formati da tutti i partiti antifascisti, che si erano costituiti in alcuni paesi dell'Europa occidentale fra cui l'Italia. Il piano Marshall fu adottato da 16 Stati europei compresi l'Italia. Esso fu invece rifiutato dall'URSS che lo denunciò come manovra imperialistica, costringendo ad allinearsi alle sue decisioni i paesi dell'Europa centro-orientale rientranti nella propria orbita, comprese la Cecoslovacchia e la Polonia che in un primo tempo lo avevano accettato. In risposta alla dottrina Truman e al piano Marshall, Stalin, nel settembre del 1947, promosse la costituzione del Cominform (abbreviazione di Ufficio d'informazione dei partiti comunisti) cui aderirono i partiti comunisti di Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Polonia, Romania, Ungheria, e quelli italiano e francese, che costituivano i due maggiori partiti comunisti dell'Europa occidentale. Il Cominform sostituiva in qualche modo il Comintern, sciolto nel 1943, sebbene avesse obiettivi più limitati. Esso, infatti, mirava a coordinare la politica dei partiti comunisti europei e non a porsi alla guida del movimento comunista mondiale, come invece si era proposto il Comintern.
La formazione di un compatto blocco socialista comprendente l'Unione Sovietica e i paesi europei centro-orientali divenne da allora un obiettivo strategico di grande importanza per Mosca, che nel gennaio del 1949 promosse la costituzione del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica). Compito di questo organismo, al quale aderirono Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Ungheria (i membri fondatori) e Albania, era di rendere omogenee le economie pianificate degli Stati associati. Intanto anche l'Unione Sovietica entrava in possesso della bomba atomica, divenendo a pieno titolo un a superpotenza. Il blocco socialista venne chiamato anche "blocco orientale" (o "blocco dell'Est"). La Germania fu il principale terreno di scontro della "guerra fredda" tra Est e Ovest. La sua posizione centrale in Europa ne faceva un paese di grande importanza strategica per entrambi i blocchi rivali. Tra marzo e giugno 1948 Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia decidevano di unificare economicamente i territori tedeschi da loro occupati e di dotarli di una moneta unica (il marco occidentale). L'iniziatica mirava a gettare le basi per la creazione di un futuro Stato tedesco occidentale. Stalin reagì accusando americani, britannici e francesi di non rispettare gli accordi di Potsdam riguardo all'amministrazione alleata della Germania, data l'unilateralità della loro azione, e impose il blocco di ogni via terrestre di accesso a Berlino Ovest. La città si trovò così privata della possibilità di ricevere i rifornimenti che le erano necessari dai territori della Germania occidentale. Con il blocco del settore occidentale di Berlino iniziava per 2 milioni di berlinesi e per le truppe anglo-franco-americane di stanza nella città un lungo assedio. La tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica sembrava inevitabilmente destinate a crescere fino al punto di rottura; i primi, tuttavia, anziché forzare il blocco con un'azione che li avrebbe portati a un rischioso contatto con le truppe sovietiche, per approvvigionare Berlino Ovest organizzarono un imponente ponte aereo. I sovietici evitarono di intercettare gli aerei americani, ben sapendo che a loro volta gli Stati Uniti avrebbero reagito militarmente, e dopo circa un anno tolsero il blocco alla città (maggio 1949). La crisi di Berlino aveva mostrato che negli Stati Uniti né l'Unione Sovietica volevano oltrepassare quei limiti oltre i quali si sarebbe scatenata una terza guerra mondiale, sebbene al contempo non intendessero rinunciare ai propri obiettivi. Conseguenza immediata della crisi di Berlino fu la spaccatura ufficiale della Germania in due Stati autonomi. L'inasprimento del confronto con l'Unione Sovietica venne infatti politicamente utilizzato dagli Stati Uniti per Accelerare l'integrazione della Germania dell'Ovest nel blocco occidentale. Nacque così, il 23 maggio 1949, la Repubblica Federale Tedesca (RFT), che subito venne a beneficiare del paino Marshall. La risposta dell'Unione Sovietica alla creazione della Repubblica Federale nei territori della Germania occidentale non si fece attendere. Il 7 ottobre 1949 nella Germania orientale sotto occupazione sovietica si costituì la Repubblica Democratica Tedesca(RDT). La divisione della Germania in due Stati si ripercosse sulla città di Berlino, che venne a trovarsi in una condizione giuridico-politica anomala. Il suo status di città sotto amministrazione quadripartita rimase in vigore; Berlino Ovest divenne però un Land (entità amministrativa) della Repubblica Federale, mentre Berlino Est fu incorporata nella Repubblica Democratica, divenendone la capitale. Sotto l'egemonia degli Stati Uniti si formò il cosiddetto "blocco occidentale". Venne così stipulati il Patto Atlantico (4 aprile 1949), che istituì la NATO (North Atlantic Treaty Organization), , un organismo politico-militare creato con lo scopo precipuo di difendere i paesi appartenenti all'area dell'Atlantico settentrionale.
L'istituzione della Nato fu una conseguenza della crescente tensione generata in Europa dall'azione di forza con cui i comunisti, facendo leva sulla presenza dell'Armata rossa sul territorio, si erano impadroniti di tutti i poteri (febbraio 1948) in Cecoslovacchia. Il "colpo di Praga", come furono chiamati in Occidente i fatti cecoslovacchi, era stato giudicato dai governi occidentali come la prova inconfutabile della volontà dell'URSS di imporre con la forza il proprio dominio non appena ciò le fosse stato possibile e della pericolosità dei partiti comunisti a essa legati. Fu in questo clima politico che nel marzo del 1948, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e Lussemburgo stipularono a Bruxelles un patto di assistenza, dall'implicito contenuto antisovietico, contro un'eventuale aggressione. In un secondo tempo agli Stati firmatari del patto di Bruxelles si aggiunsero gli Stati Uniti e diversi altri paesi. Nasceva così il Patto Atlantico, la cui costituzione fu siglata a Washinghton. Vi aderivano Stati Uniti, Canada, Francia, Gran Bretagna, Italia, Danimarca, Norvegia, Islanda, Portogallo, Belgio, Olanda e Lussemburgo, cui si aggiunsero nel 1952 Grecia e Turchia (la Spagna si assocerà soltanto nel 1982). Tutti i paesi membri dell'alleanza atlantica si impegnavano al reciproco aiuto in caso di aggressione. Il patto aveva dunque un carattere prettamente difensivo. L'istituzione della NATO poneva l'Europa occidentale sotto la tutela militare degli Stati Uniti. Alla fine della Seconda guerra mondiale la Corea persa dai giapponesi, era stata provvisoriamente divisa in una zona occupata dai sovietici a nord e una occupata dagli americani a sud. In origine era prevista una riunificazione del paese, ma dal 1948 si erano costituiti nelle zone di occupzione due diversi Stati: la Corea del Nord (Repubblica Democratica Popolare di Corea), retta da un governo comunista presieduto da Kim Il Sung, e la Corea del Sud (Repubblica di Corea), filoamericana, sotto la dittatura di Syngman Rhee. La situazione precipitò nel giugno del 1950. La Corea del Nord, forte dell'appoggio sovietico, attaccò improvvisamente la Corea del Sud, penetrando in profondità nel suo territorio con il proprio esercito. Gli Stati Uniti ottennero dall'ONU, che aveva riconosciuto la Corea del Nord come Stato aggressore, l'invio di una forza di intervento internazionale con il compito di respingere l'invasione dei nordcoreani. Costituita per lo più da reparti statunitensi e guidata dal generale MacArthur, la forza di intervento dell'ONU con una rapida controffensiva ricacciò indietro i nordcoreani, penetrando nella stessa Corea del Nord quasi fino ai confini con la Cina. Il conflitto coreano si concluse nel luglio del 1953 con un armistizio che sostanzialmente ripristinò tra le due Coree i precedenti confini. Dopo la morte di Stalin si insediò al Cremlino un nuovo gruppo dirigente nel quale spiccava la figura di Nikita Kruscev, nominato segretario del Partito comunista dell'Unione Sovietica (PCUS). Negli Stati Uniti nel 1953 entrò alla Casa Bianca il repubblicano Dwight Eisonhower, dichiarando di voler passare dalla politica del contenimento a quella "dell'arretramento del comunismo Il nuovo clima internazionale di "disgelo", come fu subito chiamato, non determinò la fine della "guerra fredda", ma portò indubbiamente a un attenuazione della sua asprezza. Nei rapporti Est-Ovest continuarono tuttavia ad alternarsi fasi di dialogo e momenti di chiusura e tensione. Il XX congresso del PCUS (febbraio 1956) confermò che l'ascesa al potere di Kruscev che pronunciò una durissima condanna di Stalin e del sistema di potere da lui creato, oltre a enunciare la propria dottrina delle "coesistenza pacifica" fra socialismo e capitalismo. Kruscev era convinto che l'avvio di una politica di apertura al dialogo avrebbe indebolito il blocco occidentale dividendolo al suo interno. La strada della "coesistenza pacifica" era inoltre suggerita a Kruscev anche da motivi di ordine interno. Egli sperava che tale scelta si traducesse in un rallentamento della corsa agli armamenti e quindi in una riduzione delle spese militari, a tutto vantaggio degli investimenti a favore del rilancio della segnante economia del paese e del miglioramento del tenore di vita dei cittadini. Nonostante i segni di distensione la corsa agli armamenti fra le due superpotenze accelerò e di pari passo si impose una sorta di strategia della dissuasione reciproca. La questione tedesca rimaneva il maggior elemento di attrito fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Per porre fine all'esodo in massa dei cittadini della Germania Democratica verso Berlino Ovest, egli fece erigere, fra il settore orientale e quello occidentale della città un muro (agosto 1961). Il muro di Berlino, presso il quale verranno in seguito uccisi numerosi tedeschi dell'Est in fuga, assurgerà a simbolo della divisione dell'Europa e della "guerra fredda". A Cuba dal 1959 era al governo Fidel Castro, il capo riconosciuto della guerriglia che aveva deposto il dittatore Fulgencio Batista. Le misure prese da Castro per svincolare l'isola dal predominio economico delle grandi compagnie nordamericane avevano suscitato l'ostilità degli Stati Uniti, che temevano il diffondersi dell'esempio cubano nell'America Latina. Allo scopo di soffocare economicamente il paese e far cadere Castro, il governo di Washington aveva imposto il blocco delle esportazioni di zucchero cubano in tutto il continente americano. Di fronte alle ritorsioni degli Stati Uniti, Castro aveva finito per avvicinarsi sempre più all'Unione Sovietica, che era disposta ad acquistare lo zucchero cubano e a fornire all'isola caraibica aiuti tecnici e finanziari. Dal canto suo l'Unione Sovietica cominciò a installare a Cuba missili a media gittata. Disposto a ingaggiare una prova di forza con l'Unione Sovietica, il presidente americano chiese l'immediato ritiro di tutti i missili da Cuba e annunciò il blocco navale dell'isola per impedire l'attracco alle navi sovietiche che trasportavano i missili. Alla fine Kruscev cedette alle richieste di Kennedy, il quale, da parte sua, garantì che gli Stati Uniti avrebbero rispettato la sovranità di Cuba. La crisi dei missili di Cuba fece correre il rischio di trasformare una crisi locale in una catastrofe nucleare. Tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta la distensione raggiunse il suo apice. Il filo conduttore della politica di Breznev in questo periodo fu di usare la moderazione dell'URSS in politica estera come moneta di scambio per ottenere dagli USA concessioni sul piano commerciale e tecnologico. Un eguale interesse a favorire il progresso della distensione mostrarono il nuovo presidente americano, il repubblicano RIchard Nixon e il suo segretario di Stato Henry Kissinger. Riconoscendo che le spese militari finalizzate al contenimento del comunismo gravavano in modo eccessivo sul bilancio statunitense. La prima rilevante intesa raggiunta da Nixon e Breznev furono gli accordi SALT I (Strategic Arms Limitation Talks), Colloqui sulla limitazione delle armi strategiche). Siglati nel maggio del 1972 durante la visita di Nixon a Moscam, la prima effettuata da un presidente degli Stati Uniti, gli accordi, della durata di cinque anni, impegnavano i due contraenti a limitare le loro riserve di armi offensive strategiche. L'Unione Sovietica ottenne dagli Stati Uniti forniture di grano e di tecnologie avanzate, che poterono essere pagate grazie alla concessione di crediti agevolati da parte del governo di Washington.
Ma avvenne in questi anni a inquietare la pace la guerra del Vietnam, ove la guerriglia comunista, aiutata dal Vietnam del Nord, fu combattuta dagli Stati Uniti. Dopo alcuni anni, gli insuccessi militari e i pesanti costi umani ed economici della guerra avvenne il ritiro delle forze statunitensi. Un altro fatto che contribuì a deteriorare le relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica fu l'intervento delle truppe sovietiche Afganistan, dove nel 1978 un colpo di Stato militare aveva deposto la monarchia e instaurato un governo comunista. La reazione degli Stati Uniti all'occupazione sovietica del paese asiatico non si fece perciò attendere. Il presidente in carica, Carter, decretò l'embargo sulle forniture di grano all'URSS e il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca che si dovevano tenere nell'estate del 1980. Il presidente americano succeduto a Carter nel 1981, il repubblicano Ronald Reagan, impresse una svolta decisiva alla politica estera degli USA nei confronti dell'URSS. Fautore di una "politica forte" che restituisse agli Stati Uniti il ruolo di prima potenza nel mondo : il programma di Reagan prevedeva anzitutto un deciso riarmo degli Stati Unti e della NATO per colmare il divario che si era determinato a vantaggio dell'URSS e del blocco orientale. A questo fine il presidente americano lanciava nel 1983 il progetto "guerre stellari", mirante a dotare gli Stati Uniti di uno "scudo spaziale" in grado di distruggere qualsiasi tipo di missile intercontinentale prima che cadesse sul territorio dello Stato. Nello stesso tempo veniva ammodernato l'arsenale di missili intercontinentali strategici. In Europa le forze militari della NATO vennero riorganizzate e fu annullata la superiorità di quelle del Patto di Varsavia sia nell'armamento convenzionale si nel settore dei missili a media gittata. Nel 1986 sia la Casa Bianca sia il Cremlino manifestarono un concreto interesse per una ripresa della distensione. Nel Marzo del 1985 era divenuto segretario generale del PCUS Michail Gorbacev. Con lui saliva al potere un nuovo gruppo dirigente, il cui obiettivo primario era di risollevare l'economia sovietica. Per Gorbacev la distensione si configurava perciò come la condizione indispensabile per riorganizzare e rilanciare l'economia sovietica.
Nel dicembre del 1987 Regan e Gorbacev si incontrarono di nuovo a Washington, accordandosi per una riduzione degli arsenali nucleari delle due superpotenze, con particolare riferimento agli euromissili. Nel corso del 1988 Reagan e Gorbacev si incontrarono altre due volte, a Mosca e poi a New York, approfondendo il dibattito sulla riduzione degli armamenti. L'Unione Sovietica intanto si disimpegnava dall'Afganistan, dando inizio al ritiro delle proprie truppe che completò nel 1989.
Ulteriori importanti passi avanti nella distensione furono compiuti al vertice di Malta dove Gorbacev e il nuovo presidente statunitense George Bush dichiararono che "ormai era alla portata il superamento del confronto militare e della distensione dell'Europa". Tra il giugno e il dicembre 1989 i regimi dell'Est europeo, mimanti al loro interno da una crisi letale, erano crollati uno dopo l'altro. Il loro collasso avvenne senza alcuna reazione da parte dell'Unione Sovietica, stretta essa stessa nella morsa di una devastante crisi in cui si intrecciavano laceranti conflitti etnici, il risveglio di tendenze autonomisti che in alcune delle repubbliche federate dell'Unione e una disastrosa situazione economica. Il disfacimento del blocco socialista pose fine di colpo al sistema bipolare che per oltre 40 anni aveva dominato la scena internazionale. L'URSS perse in Europa tutte le posizioni acquisite dopo la Seconda guerra mondiale e improvvisamente la contrapposizione Est-Ovest, attorno alla quale aveva ruotato tutta la storia del secondo dopoguerra, si svuotò di senso. L'abbattimento del muro di Berlino (9 novembre 1989), che di quella contrapposizione era stato il simbolo più detestabile, confermò che una fase del tutto nuova della storia europea e mondiale. Il 12 novembre 1989 il muro venne ufficialmente aperto nella zona della piazza di Postdamer, e il mese dopo la porta di Brandeburgo fu aperta ufficialmente per il passaggio pedonale, mettendo fine alla distruzione totale del muro, i cui pezzi cominciarono ad essere venduti come souvenir. Da lì a poco tempo sarebbero caduti tutti i simboli del comunismo europeo, Varsavia, Praga, Budapest, fino ad arrivare alle sofferte dichiarazioni di indipendenza dei paesi baltici. Negli ultimi 30 anni della storia si è verificato il boom economico dei paesi occidentali, con lo sviluppo dell’industria. E’ nato così un processo di sviluppo industriale, in cui i
prodotti di scarto d'un certo processo, invece di servire da materie prime per quello successivo, vengono semplicemente scaricati nell'ambiente nel modo meno costoso possibile, senza nessun riguardo per l'inquinamento e per la scarsità che inevitabilmente ne deriva. Peggio ancora, vengono scaricati nell'ambiente in quantità sempre maggiore materiali inquinati sulla biosfera. Con lo sviluppo economico, o progresso, sembra che se da un lato il processo evolutivo viene sviluppato con produzioni di farmaci contro malattie, dall’altra viene invertito e il mondo diventa una vasta area di libero scambio, in cui tutti gli imperativi sociali ed ecologici sono sistematicamente subordinati agli interessi produttivi delle società internazionali che controllano il mercato mondiale: di qui deriva, a mio avviso, la causa fondamentale della devastazione sociale ed ecologica che sta rapidamente rendendo questo pianeta inabitabile per forme di vita complesse. Evoluzione vuol dire per gli esseri viventi adattarsi sempre meglio biologicamente, socialmente, cognitivamente e psichicamente ai loro rispettivi ambienti. Lo sviluppo economico incontrollato sembra provocare l’esatto contrario: a livello sociale l'individuo alienato per la massificazione industriale; a livello metereologico inondazioni siccità, epidemie, ecc. al livello dell'ecosistema e problemi planetari come il mutamento climatico, l'erosione dello strato di ozono, ecc. al livello dell'esosfera. Attualmente, con la globalizzazione del progresso, stiamo rapidamente puntando verso una distruzione ecosferica globale, in cui l'uomo moderno avrà effettivamente invertito tre miliardi di anni di evoluzione per creare un mondo impoverito e degradato che è sempre meno capace di sostenere forme di vita complesse come l'uomo. Dobbiamo responsabilizzare le principali istituzioni del sistema industriale e la scienza e la tecnologia che esse usano per trasformare la società e il mondo naturale. Benché ogni ribellione umana abbia sempre come ultimo scopo la ricerca della conoscenza, il significato che questa conoscenza assume nei miti antichi e nella moderna mitologia della scienza è profondamente diverso. Per Adamo conoscere significa sperimentare il dolore e l'amore, la nascita e la morte: lasciando l'Eden, minacciato dalla spada divina, egli accede a quel mondo di angoscia e di passione che sarà per sempre la dimora dell'uomo mortale, il mondo del bene e del male, della colpa e del perdono, dell'intimo e del personale. Se la rivolta di Prometeo contro Giove è quella dell’uomo, che si ostina a conoscere a tutti i costi la scienza, quella di Eugenio Montale è quella di un ironico disincanto e totale sfiducia nel progresso, poiché gli uomini non sanno né chi sono né cosa vogliono.

Tutta l’opera di Montale è incentrata sulla concezione del male di vivere dell’uomo e sulla denuncia che nessun progresso esiste per il dolore umano. Montale è una delle massime voci della poesia mondiale di questo secolo, insignito del premio Nobel nel 1975. La sua lunghissima carriera di poeta, scrittore, critico letterario e giornalista è da anni oggetto di attenti studi che hanno prodotto una sterminata bibliografia; ciò perché egli ha saputo dare un'originalissima interpretazione alle inquietudini dell'uomo contemporaneo. Allo stesso tempo, la sua influenza sui poeti italiani successivi è stata immensa e capillare. La prima raccolta, intitolata Ossi di Seppia, esce nel 1925. Essa dà già la misura delle possibilità del giovane poeta e mostra la sua distanza da altri grandi poeti italiani, come Ungaretti, di poco più vecchi di lui. Tema centrale delle poesie di Ossi di seppia (titolo quanto mai allusivo di cose diverse: gli ossi di seppia è un termine dannunziano presente in Alcyone che significa gusci vuoti, morti, che il mare riporta a riva; come nuvole di inchiostro che le seppie emettono per difendersi; come oggetti da incastrare nelle voliere perché gli uccelli vi affilino il becco) è il male di vivere, la coscienza della sconfitta dell'uomo irrimediabilmente prigioniero di un mondo di cui gli sfuggono le premesse e le conseguenze. E' l'angoscia, dunque, che spinge Montale a scrivere. L'angoscia e la coscienza dell'inutilità di ogni battaglia; ciò che, d'altra parte, non gli fa assumere un atteggiamento pietistico e rassegnato. La certezza della sconfitta non presuppone l'abbandono della speranza, che anzi sopravvive e si fa più evidente nel versi dedicati al mare, laddove questo è visto come termine positivo, come autentica lezione di vita. Montale usa la tecnica del correlativo oggettivo, ripresa da Thomas Eliot, che diceva se il poeta deve esprimere un’emozione adopera un oggetto che dia la medesima impressione.

Vita= come dice in Meriggiare pallido e assorto "seguitare una muraglia"

Male di vivere= come dice nella poesia Spesso il male di vivere "era il rivo strozzato che gorgoglia, l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato".

Se non è possibile trovare una risposta all'inutilità del vivere, allora è necessario conservare almeno l'aspirazione a che questo possa un giorno avvenire. Che può offrire all'uomo, allora, la poesia? Qualche storta sillaba e secca come un ramo, dice Montale. Non certo risposte, né tantomeno certezze. Tutt'al più la coscienza di ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. La poesia ha valore in quanto documento di un male di vivere dalle proporzioni cosmiche. Da queste premesse scaturiscono le scelte e le intuizioni tecniche del poeta; il quale, rifuggendo ovviamente da uno stile alto e aulico, abbandona allo stesso modo l'ermetismo di Ungaretti, fatto di versi spezzati e parole accostate per il loro valore analogico. Il linguaggio di Montale mira a una "naturalistica precisione", fa uso di tecnicismi o anche termini dialettali; il tono è discorsivo, e lascia spazio a descrizioni paesaggistiche che colgono l'ambiente ligure nella sua asprezza. Con ciò egli intende trovare una rappresentazione simbolica al dato oggettivo, ossia riuscire a evocare un'emozione attraverso la precisa descrizione di fatti e oggetti del mondo reale (come, ad esempio, nei famosi versi di Meriggiare pallido e assorto: E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia). I Limoni esprimono la polemica contro i poeti laureati, nel rifiuto di ogni aulicità. Nel libro subito evidente è la volontà di staccarsi dalla precedente tradizione accademica, carica di toni retorici, per affermare invece una poesia di timbro familiare e dialogico, rivolta ad un interlocutore-lettore vicinissime.

 

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
piú chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed é l'odore dei limoni.

 

Questi versi sono capovolti nella ricerca di una verità, di una dimensione umana nuova che penetri il segreto delle cose e liberi l'individuo dall'oppressione e dal soffocamento che lo minacciano nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase, dove l’uomo è soffocato dal progresso che non gli permette di vivere la sua condizione naturale.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l' anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una veritá
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinitá

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle cittá rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell' inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solaritá.

 

In Non chiederci la parola vi è affermata una fede nel negativo, una proposizione di teologia negativa: l'essere dell'uomo può essere colto nel suo non essere, la parola parla solo per negare i contenuti della vita e della storia. Ma è una negatività dialettica, tesa al positivo, valida in quanto strumento di lavoro volto a sgombrare il campo dalle retoriche consolatorie. Non è una negatività assoluta. nichilista: è anzi relativizzata da quell'"oggi" che mantiene aperta la possibilità di soluzioni positive per il domani. Comunque è una testimonianza della crisi spirituale dell'uomo moderno. quasi sospeso sul vuoto e preso da vertigine per l'assenza di un centro , di un fondamento solido su cui edificare la vita, di un senso trascendente. La strofa centrale, che interrompe col suo tono esclamativo la, perentorietà imperativa delle altre due, mette a fuoco la posizione umana antitetica alla propria: se per un verso il poeta prova un moto d'invidia per quella certezza, per quella pace con sé e comunione con gli altri. Stigmatizza la miopia e la superficialità di chi programmaticamente fa i conti con l'intima precarietà della condizione umana.

 

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
si' qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
cio' che non siamo, cio' che non vogliamo.

"L'accordo con la ruota della negazione" (Fortini), la coscienza del nulla che è l'uomo - nella sua dimensione esistenziale prima che storica - di fronte a un mondo di fatti e cose incomprensibili: sono queste le costanti, introdotte come abbiamo visto con Ossi di seppia, della poesia montaliana, che si ritrovano anche nella seconda raccolta, Le occasioni, pubblicata nel 1939. Già dal titolo questa nuova fatica permette di intuire le novità introdotte da Montale: le occasioni sono le situazioni contingenti dalle quali scatta la memoria di persone, incontri, eventi della vita passata. Dalla contemplazione dell'aspro paesaggio ligure, dunque, si passa al recupero di un vissuto personale tramite il quale le poesie si popolano di ricordi di viaggi o di volti talvolta immaginari. Ciò, tuttavia, non sposta di molto il pessimismo del poeta. Egli si sente il prodotto, l'effetto di una serie di occasioni assolutamente incontrollabili e caotiche, alle quali non è possibile dare nessuna spiegazione. L'irruzione del ricordo nella poesia provoca uno spostamento del linguaggio e dello stile in senso più ermetico; il rifiuto di ogni abbandono sentimentale e lirico, tanto più presente in quanto il poeta attinge ora alla propria storia personale, lo porta infatti nel chiuso cerchio di un'esperienza tutta ermetica. La memoria, non è recuperabile come per Ungaretti, ma il passato sfugge nella rimembranza. In Non recidere forbice quel volto, c’è la presa di coscienza dell’irrecuperabilità della memoria. Durante gli anni della seconda guerra mondiale Montale compone i versi raccolti ne La bufera, ove l'eco del conflitto, qui, arriva a malapena; sembra che gli orrori e le morti non possano incidere in nulla su un pessimismo esistenziale già portato alle sue estreme conseguenze. Ciò non ha mancato di deludere quanti si attendevano dal poeta un impegno civile decisamente più vistoso, dato che durante la dittatura la sua poesia era stata considerata da molti una via di scampo ai trionfalistici e retorici strombazzamenti del regime. Ma Montale non abbandona il suo cammino solitario e si arrocca anzi su posizioni, se possibile, ancora più negative nelle quali fanno però capolino accenni nuovi; soprattutto l'ironia, probabilmente legata alla sua età. Col distacco di un vecchio, infatti, Montale può ora cedere il passo ai toni sarcastici con cui stigmatizza la moderna società, imbevuta di falsi miti e chiacchiere inutili. La sua lezione morale, dunque, resta sino alla fine lucida e coerente: da un mondo di ombre e parvenze, immaginiamo, il poeta si accomiata senza rimpianto. In Piccolo Testamento ci dice che la sua vita non è stata influenzata né da fede religiosa né politica "lume di chiesa o d'officina
che alimenti chierico rosso, o nero" e che la sua "fede che fu più combattuta, d'una speranza che brucio' più lenta di un duro ceppo nel focolare (…): "l'orgoglio non era fuga, l'umiltà non era vile, il tenue bagliore strofinato laggiù non era quello di un fiammifero." Montale porta avanti una demistificazione ironica della teologia, della letteratura e della storia. Per il poeta genovese la storia non è maestra di nulla. Nel Discorso che tenne durante il Premio Nobel nel 1975:

"Ritengo che anche domani - scrive Montale - le voci più importanti saranno quelle degli artisti che faranno sentire, attraverso la loro voce di isolato, un'eco del fatale isolamento di ognuno di noi. In questo senso, solo gli isolati parlano, solo gli isolati comunicano; gli altri - gli uomini delle comunicazioni di massa - ripetono, fanno eco, volgarizzano le parole dei poeti, che oggi non sono parole di fede, ma potranno forse tornare ad esserlo un giorno".

Egli distinse fra due tipi di poesia: quella consumistica che vive nel contingente e nell’effimero ed è acustica e visiva (al pantografo e al megafono) e quella che nasce, essendo quasi ignorata, che rimarrà, perché ha imbalsamato un’epoca. Se Montale si oppone al mondo contemporaneo tramite la teologia negativa, Samuel Beckett incarna in altro senso la critica del mondo contemporaneo con il senso dell’assurdo. Samuel Beckett was born near Dublin, Ireland, on April 13, 1906 into a Protestant, middle class home. His father was a quantity surveyor and his mother worked as a nurse. At the age of 14 he was sent to the same school that Oscar Wilde attended. Beckett is known to have commented, "I had little talent for happiness." This was evidenced by his frequent bouts of depression, even as a young man. Beckett was consistent in his loneliness. The unhappy boy soon grew into an unhappy young man, often so depressed that he stayed in bed until mid afternoon. He was difficult to engage in any lengthy conversation--it took hours and lots of drinks to warm him up--but the women could not resist him. The lonely young poet, however, would not allow anyone to penetrate his solitude. He once remarked, after rejecting advances from James Joyce's daughter, that he was dead and had no feelings that were human. In 1928, Samuel Beckett moved to Paris, and the city quickly won his heart. Shortly after he arrived, a mutual friend introduced him to James Joyce, and Beckett quickly became an apostle of the older writer. At the age of 23, he wrote an essay in defense of Joyce's magnum opus against the public's lazy demand for easy comprehensibility. A year later, he won his first literary prize--10 pounds for a poem entitled Whoroscope which dealt with the philosopher Descartes meditating on the subject of time and the transiency of life. After writing a study of Proust, however, Beckett came to the conclusion that habit and routine were the "cancer of time", so he gave up his post at Trinity College and set out on a nomadic journey across Europe. Beckett made his way through Ireland, France, England, and Germany, all the while writing poems and stories and doing odd jobs to get by. In the course of his journies, he no doubt came into contact with many tramps and wanderers, and these aquaintances would later translate into some of his finest characters. Whenever he happened to pass through Paris, he would call on Joyce, and they would have long visits, although it was rumored that they mostly sit in silence, both suffused with sadness.

Beckett finally settled down in Paris in 1937. Shortly thereafter, he was stabbed in the street by a man who had approached him asking for money. He would learn later, in the hospital, that he had a perforated lung. After his recovery, he went to visit his assailant in prison. When asked why he had attacked Beckett, the prisoner replied "Je ne sais pas, Monsieur", a phrase hauntingly reminiscent of some of the lost and confused souls that would populate the writer's later works. During World War II, Beckett stayed in Paris--even after it had become occupied by the Germans. He joined the underground movement and fought for the resistance until 1942 when several members of his group were arrested and he was forced to flee with his French-born wife to the unoccupied zone. In 1945, after it had been liberated from the Germans, he returned to Paris and began his most prolific period as a writer. In the five years that followed, he wrote Eleutheria, Waiting for Godot, Endgame, the novels Malloy, Malone Dies, The Unnamable, and Mercier et Camier, two books of short stories, and a book of criticism. Samuel Beckett's first play, Eleutheria, mirrors his own search for freedom, revolving around a young man's efforts to cut himself loose from his family and social obligations. His first real triumph, however, came on January 5, 1953, when Waiting for Godot premiered at the Théâtre de Babylone. In spite of some expectations to the contrary, the strange little play in which "nothing happens" became an instant success, running for four hundred performances at the Théâtre de Babylone and enjoying the critical praise of dramatists as diverse as Tennessee Williams, Jean Anouilh, Thornton Wilder, and William Saroyan who remarked, "It will make it easier for me and everyone else to write freely in the theatre." Perhaps the most famous production of Waiting for Godot, however, took place in 1957 when a company of actors from the San Francisco Actor's Workshop presented the play at the San Quentin penitentiary for an audience of over fourteen hundred convicts. Surprisingly, the production was a great success. The prisoners understood as well as Vladimir and Estragon that life means waiting, killing time and clinging to the hope that relief may be just around the corner. If not today, then perhaps tomorrow. Beckett secured his position as a master dramatist on April 3, 1957 when his second masterpiece, Endgame, premiered (in French) at the Royal Court Theatre in London. Although English was his native language, all of Beckett's major works were originally written in French--a curious phenomenon since Beckett's mother tongue was the accepted international language of the twentieth century. Apparently, however, he wanted the discipline and economy of expression that an acquired language would force upon on him. Beckett's dramatic works do not rely on the traditional elements of drama. He trades in plot, characterization, and final solution, which had hitherto been the hallmarks of drama, for a series of concrete stage images. Language is useless, for he creates a mythical universe peopled by lonely creatures who struggle vainly to express the unexpressable. His characters exist in a terrible dreamlike vacuum, overcome by an overwhelming sense of bewilderment and grief, grotesquely attempting some form of communication, then crawling on, endlessly. Beckett was the first of the absurdists to win international fame. His works have been translated into over twenty languages. This sense of depression would show up in much of his writing, especially in Waiting for Godot where it is a struggle to get through life. Waiting for Godot qualifies as one of Samuel Beckett's most famous works. Originally written in French in 1948, Beckett personally translated the play into English. The world premiere was held on January 5, 1953, in the Left Bank Theater of Babylon in Paris. The play's reputation spread slowly through word of mouth and it soon became quite famous. Other productions around the world rapidly followed. Waiting for Godot incorporates many of the themes and ideas that Beckett had previously discussed in his other writings. The use of the play format allowed Beckett to dramatize his ideas more forcefully then before, and is one of the reasons that the play is so intense. Beckett often focused on the idea of "the suffering of being." Most of the play deals with the fact that Estragon and Vladimir are waiting for something to alleviate their boredom. Godot can be understood as one of the the many things in life that people wait for. The play has often been viewed as fundamentally existentialist in its take on life. The fact that none of the characters retain a clear mental history means that they are constantly struggling to prove their existence. Waiting for Godot is part of the Theater of the Absurd. This implies that it is meant to be irrational. Absurd theater does away with the concepts of drama, chronological plot, logical language, themes, and recognizable settings. Although very existentialist in its characterizations, Waiting for Godot is primarily about hope. The play revolves around Vladimir and Estragon and their pitiful wait for hope to arrive. At various times during the play, hope is constructed as a form of salvation, in the personages of Pozzo and Lucky, or even as death. The subject of the play quickly becomes an example of how to pass the time in a situation which offers no hope. Thus the theme of the play is set by the beginning:

Estragon: Nothing to be done.
Vladimir: I'm beginning to come round to that opinion.

 

Although the phrase is used in connection to Estragon's boots here, it is also later used by Vladimir with respect to his hat. Essentially it describes the hopelessness of their lives. A direct result of this hopelessness is the daily struggle to pass the time. Thus, most of the play is dedicated to devising games which will help them pass the time. This mutual desire also addresses the question of why they stay together. Both Vladimir and Estragon admit to being happier when apart. One of the main reasons that they continue their relationship is that they need one another to pass the time. After Pozzo and Lucky leave for the first time they comment:

V: That passed the time.
E: It would have passed in any case.

And later when Estragon finds his boots again:

V: What about trying them.
E: I've tried everything.
V: No, I mean the boots.
E: Would that be a good thing?
V: It'd pass the time. I assure you, it'd be an occupation.

Since passing the time is their mutual occupation, Estragon struggles to find games to help them accomplish their goal. Thus they engage in insulting one another and in asking each other questions. The difficulty for Beckett of keeping a dialogue running for so long is overcome by making his characters forget everything. Estragon cannot remember anything past what was said immediately prior to his lines. Vladimir, although possessing a better memory, distrusts what he remembers. And since Vladimir cannot rely on Estragon to remind him of things, he too exists in a state of forgetfulness. Another second reason for why they are together arises from the existentialism of their forgetfulness. Since Estragon cannot remember anything, he needs Vladimir to tell him his history. It is as if Vladimir is establishing Estragon's identity by remembering for him. Estragon also serves as a reminder for Vladimir of all the things they have done together. Thus both men serve to remind the other man of his very existence. This is necessary since no one else in the play ever remembers them:

 

Vladimir: We met yesterday. (Silence) Do you not remember?
Pozzo: I don't remember having met anyone yesterday. But to-morrow I won't remember having met anyone to-day. So don't count on me to enlighten you.

Later on the same thing happens with the boy who claims to have never seen them before. This lack of reassurance about their very existence makes it all the more necessary that they remember each other. Estragon and Vladimir are not only talking to pass the time, but also to avoid the voices that arise out of the silence. Beckett's heroes in other works are also constantly assailed by voices which arise out of the silence, so this is a continuation of a theme the author uses frequently:

E: In the meantime let's try and converse calmly, since we're incapable of keeping silent.
V: You're right, we're inexhaustible.
E: It's so we won't think.
V: We have that excuse.
E: It's so we won't hear.
V: We have our reasons.
E: All the dead voices.
V: They make a noise like wings.
E: Like leaves.
V: Like sand.
E: Like leaves.

 

Silence.

V: They all speak at once.
E: Each one to itself.

 

Silence.

V: Rather they whisper.
E: They rustle.
V: They murmur.
E: The rustle.

 

Silence.

V: What do they say?
E: They talk about their lives.
V: To have lived is not enough for them.
E: They have to talk about it.
V: To be dead is not enough for them.
E: It is not sufficient.

 

Silence.

V: They make a noise like feathers.
E: Like leaves.
V: Like ashes.
E: Like leaves.

 

Long silence.

V: Say something!

 

One of the questions which must be answered is why the bums are suffering in the first place. This can only be answered through the concept of original sin. To be born is to be a sinner, and thus man is condemned to suffer. The only way to escape the suffering is to repent or to die. Thus Vladimir recalls the thieves crucified with Christ in the first act:

V: One of the thieves was saved. It's a reasonable percentage. (Pause.) Gogo.
E: What?
V: Suppose we repented.
E: Repented what?
V: Oh . . . (He reflects.) We wouldn't have to go into the details.
E: Our being born?

 

Failing to repent, they sit and wait for Godot to come and save them. In the meantime they contemplate suicide as another way of escaping their hopelessness. Estragon wants them to hang themselves from the tree, but both he and Vladimir find it would be too risky. This apathy, which is a result of their age, leads them to remember a time when Estragon almost succeeded in killing himself:

E: Do you remember the day I threw myself into the Rhone?
V: We were grape harvesting.
E: You fished me out.
V: That's all dead and buried.
E: My clothes dried in the sun.
V: There's no good harking back on that. Come on.

Beckett is believed to have said that the name Godot comes from the French "godillot" meaning a military boot. Beckett fought in the war and so spending long periods of time waiting for messages to arrive would have been commonplace for him. The more common interpretation that it might mean "God" is almost certainly wrong. Beckett apparently stated that if he had meant "God," he would have written "God". The concept of the passage of time leads to a general irony. Each minute spent waiting brings death one step closer to the characters and makes the arrival of Godot less likely. The passage of time is evidenced by the tree which has grown leaves, possibly indicating a change of seasons. Pozzo and Lucky are also transformed by time since Pozzo goes blind and Lucky mute. There are numerous interpretation of Waiting for Godot. Religious interpretations posit Vladimir and Estragon as humanity waiting for the elusive return of a savior. This Marxist interpretation is understandable given that in the second act Pozzo is blind to what is happening around him and Lucky is mute to protest his treatment. The play has also been understood as an allegory for Franco-German relations. All of Beckett's major works were written in French. He believed that French forced him to be more disciplined and to use the language more wisely. However, Waiting for Godot was eventually translated into the English by Beckett himself. Samuel Beckett also became one of the first absurdist playwrites to win international fame. His works have been translated into over twenty languages. In 1969 he received the Nobel Prize for Literature, one of the few times this century that almost everyone agreed the recipient deserved it. He continued to write until his death in 1989, but towards the end he remarked that each word seemed to him "an unnecessary stain on silence and nothingness." Per Beckett non esiste, come per gli scienziati o le multinazionali, che l’uomo sia giunto all'ultima fase dell'evoluzione, per lo sviluppo della mente, della coscienza e della ragione, che si esprime in economia. Nei termini della visione del mondo del modernismo e del paradigma della scienza a essa collegato, il progresso e le trasformazioni apportate all'ecosfera, dall'uomo moderno con l'aiuto della scienza, della tecnologia e dell'industria, fanno parte integrante del processo evolutivo. Coloro che sostengono l'idea che il progresso economico e tecnologico faccia parte integrante del processo evolutivo di solito considerano istintivi i primi stadi dell'evoluzione, mentre gli ultimi stadi, che associamo al progresso tecnologico, sono considerati coscienti e intenzionali. Esiste, in effetti, anche una divisione internazionale del lavoro, che comporta lo sviluppo dei paesi ricchi ed è basato sullo sfruttamento dei paesi in via di sviluppo, perché produttori, quest'ultimi, di energia, di materie prime e di manodopera a basso costo. I paesi emergenti si sono specializzati nell'estrazione e nella produzione agricola e per via del deterioramento delle ragioni di scambio in realtà i paesi industrializzati sono diventati importatori di capitale, perché il servizio del debito (gli interessi sui prestiti internazionali) pesa sui paesi del Sud del mondo in un modo talmente determinante che in alcuni casi sono loro che finanziano i paesi industrializzati. Le relazioni economiche che si sono sviluppate tra i paesi del mondo sotto forma di scambi di beni e servizi o sotto forma di transazioni finanziarie sono uno degli aspetti più grossi ed importanti del diritto economico. La prima parola che viene in mente parlando di commercio internazionale è il mercato inteso come luogo in cui si svolgono gli scambi economici e lo si può intendere come mercato nazionale od internazionale. Mentre nel mercato nazionale si ha una mobilità dei fattori produttivi completa ed un livellamento del tasso di retribuzione dei fattori produttivi, sul mercato internazionale invece non si ha questo livellamento dei tassi retributivi e dei fattori produttivi ed inoltre non si ha alcuna mobilità dei fattori produttivi, questa è una differenze tra un mercato interno ed un mercato internazionale. Bisogna stare attenti a non far coincidere il mercato interno con un paese specifico, in realtà quando si parla di mercato interno s'intende una zona che può essere anche più vasta nella quale gli scambi hanno questa mobilità dei fattori produttivi. Cosa sono i fattori produttivi? Ogni atto produttivo consiste nella combinazione di vari beni e questi beni sono per l'appunto i fattori produttivi. Per tassi di retribuzione dei fattori produttivi s'intende il costo degli stipendi dei produttori. Quindi la prima differenza che abbiamo visto nel mercato è che ne troviamo uno interno ed uno internazionale ed in quest'ultimo non abbiamo la mobilita dei fattori produttivi e non si ha il livellamento dei tassi di retribuzione. Questa immobilità dei fattori produttivi dei beni (manodopera, finanziamenti) rallenta il livellamento del compenso che spetta a chi mette a disposizione degli operatori economici il proprio fattore produttivo (lavoro).
Ma cosa spinge il commercio internazionale? Le nazioni vengono spinte al commercio internazionale dal fatto che a ciascun paese conviene scambiare beni di produzione nazionale a basso costo con beni di altri paesi che prodotti al proprio interno sarebbero troppo costosi. Posso introdurre a questo punto il concetto di costo comparato che è il rapporto tra i costi di produzione che ogni paese deve sostenere per ottenere una unità di due diversi beni, è un rapporto tra i costi di due beni diversi prodotti all'interno di un dato paese. Quindi vi è una convenienza per i paesi se uno si specializza nella produzione di quella merce per la quale ha un vantaggio nei costi comparati rispetto all'atro paese. A questo punto posso introdurre il concetto di ragioni di scambio che sono il potere di acquisto delle esportazioni in rapporto con le importazioni, il rapporto tra il prezzo medio delle esportazioni ed il prezzo medio delle importazioni stabilisce le ragioni di scambio che si devono porre ad una posizione media tra i costi comparati dei paese A e B che commerciano tra di loro, altrimenti il commercio non decolla.
Un'altra caratteristica del mercato internazionale è che i vari paesi differiscono tra di loro per la diversa valutazione delle risorse che possiedono a tutti i livelli: naturali, imprenditoriali, finanziari, di professionalità dei lavoratori, livello d'istruzione, ecc. I vantaggi del commercio internazionale sono quelli di avere merci che non possono essere prodotte oggettivamente nel paese, per esempio i paesi Scandinavi non possono produrre banane quindi si rivolgono al mercato.
Sempre a proposito del commercio internazionale un'altro concetto chiave è il ruolo dello stato come operatore economico attuando politiche di protezionismo o di libero scambio. Il libero scambio è stata la non politica adottata dagli stati nei rapporti col commercio internazionale fino alla fine del secolo scorso, dove per libero scambio s'intende il fatto che nessun operatore statale deve adoperarsi per limitare in alcun modo il commercio internazionale, al limite il costo del prodotto deve essere determinato solo dal costo di produzione e dal costo di trasporto. Il protezionismo è nato durante l'epoca coloniale alla fine del secolo scorso e dura fino ai giorno nostri; ancora oggi esistono parecchie politiche protezionistiche in giro per il mondo. Il protezionismo è stato giustificato da alcune idee fondamentali:

la prima è quella che potesse essere una protezione per le industrie nascenti, quindi dazi all'importazione, sovvenzioni, sgravi fiscali e tariffe doganali alte atte a difendere le nuove industrie;

altra giustificazione al protezionismo è la sicurezza nazionale, adottata da molti paesi come la Cina;

un'altra giustificazione è l'aumento di posti di lavoro, perché chiudendo al commercio internazionale si possono liberare risorse che creano occupazione.

Il liberismo puro non è mai esistito come non è esistito il protezionismo totale; a livello mondiale si stanno attuando sempre più politiche che favoriscono il libero scambio.

Per sviluppo economico s'intende l'accrescimento del prodotto per unità di popolazione, prodotto nazionale lordo PNL; quando si definisce lo sviluppo economico si parla di accrescimento della produzione per unità di popolazione, è il valore dei beni e dei servizi finali che il paese produce in un anno, coincide con il valore aggiunto. I fattori dello sviluppo economico sono, per la generalità degli economisti, tre: aumento della popolazione; l'accumulazione del capitale; il progresso tecnologico. Tutti questi tre punti vedono i paesi del sud del mondo svantaggiati perché l'aumento della popolazione è, per loro, un pesante fardello, l'accumulazione di capitale per via anche del debito estero non è realizzabile ed per il progresso tecnologico, per motivi politici e sociali, non arriva in modo omogeneo in tutto il mondo si ferma solo nei paesi più ricchi.
Il prodotto nazionale lordo come indicatore di sviluppo economico non è sufficiente per una serie di motivi: dal punto di vista statistico non sempre i dati sono attendibili per ragioni di distribuzione del territorio e di costi; anche quando queste stime possono risultare attendibili si riferiscono solo a quel che passa per il mercato, quindi tutta l'economia sommersa o di scambio non rientra nella valutazione; il concetto di potere di acquisto non è omogeneo essendo il paniere di beni che vengono comprati dalla popolazione molto differente tra i paesi ricchi e quelli più poveri. L'ONU ha proposto, negli studi fatti negli ultimi 10 anni, una serie di indicatori che si chiamano Indici dello Sviluppo Umano (I.S.U.), sono parametri che tengono conto dello sviluppo economico con indici tradizionali come reddito procapite, la produzione, i consumi, gli investimenti, ma che tengono conto anche di indici come la mortalità infantile, o l'accesso all'acqua potabile, o il numero di medici per abitante; l'ONU è riuscito a classificare tutti i paesi del mondo secondo questo Indice dello Sviluppo Umano. Lo strumento di registrazione di tutte le transazioni che avvengono tra individui, enti, organizzazioni internazionali è la bilancia dei pagamenti. L'I.S.T.A.T. (Istituto Nazionale di Statistica) si allinea, per la valutazione delle statistiche Italiane, a quella convenzione più comune cioè quella di valutare queste tre definizioni con valutazioni:

CIF-CIF sia per le esportazioni che per le importazioni in termini valutari;

CIF-FOB in termini doganali;

FOB-FOB per quello economico.

La bilancia dei pagamenti è un'identità contabile, questo vuol dire che al suo interno deve essere sostanzialmente pari, cioè la somma di voci che la costituiscono deve essere più vicina possibile allo zero. Questo vuol dire che al termine del periodo di valutazione della bilancia dei pagamenti viene tirata una somma dei movimenti valutari, se noi sommiamo semplicemente entrate ed uscite abbiamo un risultato che può essere a fine mese di avanzo o di disavanzo di bilancia dei pagamenti. Se poi andiamo ad esaminare come sono fatti i tassi di cambio e come sono stati storicamente affrontati ci troviamo di fronte a due categorie che sono storicamente opposte: sistemi di cambi fluttuanti e sistemi di cambi fissi. Il tutto è regolato dall'incontro tra domanda ed offerta, il cambio è il prezzo del dollaro ideale in termini di lire e stando a quella che è l'offerta di lire che ho per incontrare il valore ideale del dollaro e la domanda di dollari che io ho arriviamo al punto di equilibrio che rappresenta il prezzo di corso di cambio. Alla base di questo c'è che la nostra banca centrale che ha una quota stabilita a priori di riserve aurifere (in caso del sistema generale gold standard) o monetarie (con riserve in banconote straniere): il 25 % della quota è versato in oro ed il 75 % in valuta del paese e da diritto ai paesi membri possibilità di voto in termini di decisioni di politica economica a livello mondiale (il diritto di voto è proporzionale alla quota versata e tutte le decisioni vanno prese a maggioranza assoluta e qualificata 66%) e crea l'istituto dei diritti speciali di prelievo.
Esiste il Fondo Monetario Internazionale l'F.M. I., che tuela la moneta e lo scambio.

Con l’industrializzazione, le merci di scambio aumentano. Nel settore tessile alle fibre naturali l’uomo ha aggiunto producendole sinteticamente quelle artificiali. Ecco le nozioni qui di seguito fornite, sia pure in forma sintetica, circa le caratteristiche delle fibre tessili : naturali, come la lana, il cotone, il lino, la seta ecc. (definite anche "nobili"), oppure delle fibre chimiche, sintetiche o artificiali, spesso in mischia con le prime in varie proporzioni. Le fibre naturali sono tratte da materiali esistenti in natura e utilizzate mediante lavorazioni meccaniche, ma senza modificarne la struttura. Sono di origine animale, vegetale, o minerale. La più diffusa ed importante è la lana, fibra animale che costituisce il vello di varie razze ovine. Grazie alla sua particolare struttura e alla fitta ondulazione delle fibre, possiede eccellenti qualità e proprietà, come: igroscopicità (assorbe umidità in peso sino al 30%), forte protezione termica (coibenza), elasticità, resistenza all'usura ed alla fiamma. La lana si usa in tutti i campi del tessile, pura o in mischia con altre fibre. Ne esistono molte varietà, classificabili in base a finezza, lunghezza, colore e lucentezza. L'unica fibra animale, prodotta da baco serigeno, il "bombix mori" o da altri bachi cresciuti sugli alberi, è la seta, che è termoisolante, leggera, elastica, flessibile, brillante. Altre fibre animali sono: angora, alpaca, cachemire, cammello, mohair, lama, vicuna, ecc. Il lino è la più antica e pregiata fibra naturale, tratta dal "libro" (strato corticale) di una pianta erbacea, di cui viene macerata la parte fibrosa, che conferisce al filato e al tessuto caratteristiche particolari: ottima igroscopicità, freschezza, morbidezza, resistenza all'usura, tenacia, durata, possibilità di lavaggio ad alta temperatura. Dal punto di vista chimico, le cellule che compongono le sue fibre si rivelano tenaci ed elastiche allo stesso tempo : per la sua particolare struttura molecolare il lino assorbe acqua fino al 20% del peso senza che il corpo avverta umidità. La fibra tessile vegetale più diffusa al mondo, tratta dalla capsula di una pianta cespugliosa è il cotone, che presenta eccellente igroscopicità, buona tenacità, resistenza al calore, ottima adattabilità fisiologica. Altre fibre vegetali sono : canapa, juta, ramiè, sisal, cocco, ginestra, ibisco. Le fibre minerali sono : amianto vetro tessile, fili metallici. Le fibre tessili chimiche sono le fibre tessili create dall'uomo mediante processi industriali fisico-chimici, partendo da materie prime esistenti in natura. Si distinguono in fibre artificiali (dette anche cellulosiche) e sintetiche. Le fibre fatte dall'uomo sono progettabili in funzione delle esigenze del consumatore e sono in costante evoluzione per offrire sempre nuove prestazioni in termini di comfort, estetica, sicurezza e rispetto ambientale. Le fibre chimiche artificiali si ottengono trattando la cellulosa naturale di piante diverse (la stessa che costituisce le fibre vegetali), opportunamente trasformata e sciolta con solventi, e successivamente filata sotto forma di fibra tessile in filo continuo oppure in fiocco (fibra discontinua).
Coprono attualmente in europa circa l'11% dei consumi dell'industria tessile. L’Acetato è un filo continuo derivato dalla cellulosa è morbido e delicato, ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comfort. Il Cupro è una fibra ottenuta dai linters di cotone trattati secondo il processo cuprammonio, prodotta come filo continuo è morbido e delicato, che ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comforserica. Lyocell è una fibra cellulosica ottenuta mediante processo di filatura in solvente organico nel pieno rispetto dell'ambiente, che ha buone doti di traspirabilità, igroscopicità, antistaticità e comfort. La viscosa è una fibra cellulosica filata come filo continuo o fiocco (denominata anche rayon), che ha un comfort tipico delle fibre vegetali, buona resistenza all'usura (allo stato asciutto), elevata capacità igroscopica. Si impiega per l’abbigliamento e perfino per gli pneumatici. Il Modal è un fiocco di viscosa modificato, con migliori caratteristiche di impiego (per esempio: tenacità, modulo ad umido, stabilità dimensionale, resistenza agli alcali) ottenibili anche con la microfibra modal 1,0 dtex, che è un ottimo partner di mischia per cotone, lana e sintetici. Le Fibre Chimiche Sintetiche sono derivati di sostanze organiche di sintesi che vengono polimerizzate ottenendo lunghe catene molecolari (macromolecole) filabili sottoforma di filo continuo o di fiocco (fibra discontinua). Coprono attualmente in europa circa il 55% dei consumi dell'industria tessile. LAcrilica è una fibra costituita da macromolecole, prevalentemente di acrilonitrile, in genere usata sotto forma di fiocco, in puro o mista con lana o cotone; disponibile anche come microfibra. Possiede leggerezza, morbidezza, voluminosità, mano lanosa e calda, elevata coibenza termica. Facile manutenzione, irrestringibilità. Ottima resistenza alla luce solare e agli agenti atmosferici. Inattaccabile da muffe, microrganismi, tarme. La Modacrilica è una fibra ottenuta da macromolecole costituite per almeno il 50% da acrilonitrile, generalmente disponibile come fiocco. Ha un’ottima resistenza alla fiamma (caratteristica premiante per ambienti pubblici e privati, regolamentati da precise normative di "prevenzione al fuoco"), qualità molto vicine alla fibra acrilica, tenacità, stabilità dimensionale, resistenza alla luce e ai lavaggi. Si usa per tessuti per arredamento (tendaggi, rivestimento mobili) coperte e copriletti e imbottiture. Poliammidica è una fibra ottenuta da macromolecole contenenti il gruppo ammidico; la prima fibra sintetica, nota anche come nailon. Usata in filo continuo e fiocco. Ha un’elevata resistenza alla rottura, alla deformazione (ottimo recupero elastico), all'abrasione. Facile manutenzione (lavaggio, asciugatura, non stiro), ottima tingibilità, ingualcibilità. Si usa per i collants e calzetteria, impermeabili, ombrelli. Poliestere è una fibra ottenuta da macromolecole costituite da polietilentereftalato , disponibile sia come fiocco sia come filo liscio o voluminizzato; prodotto anche in versione flame retardant. Disponibile anche come microfibra. Ha elevata resistenza alla rottura, elasticità, ripresa. Buona resistenza all'abrasione. Ingualcibile si usa per abbigliamento serico femminile, lingeria e abbigliamento intimo e per foulards e cravatte. La Polipropilenica è una fibra ottenuta da macromolecole di polipropilene isotattico, disponibile come fiocco e come filo continuo liscio e voluminizzato. Ha un’elevata resistenza meccanica, buona resistenza all'abrasione e all'usura, ottima resistenza agli agenti chimici, non assorbe liquidi e quindi ha proprietà antimacchia, facilità di manutenzione con brevi tempi di asciugatura, stabilità dimensionale. Si usa per la maglieria intima, sportiva e calzetteria: irrestringibile, indeformabile, mantiene la pelle asciutta, trasferendo all'esterno l'umidità corporea. La Poliuretanica (ELASTAN) è una fibra elastomerica costituita per almeno l'85% della massa da poliuretano segmentato, prodotta come filo continuo. Ha un’elasticità elevata, allungamento fino a 6 volte la lunghezza iniziale. Mantiene inalterata nel tempo la sua forza di rientro. È resistente agli agenti ossidanti e inquinanti (fumi, lavaggi a secco, ecc.) E all'acqua clorata. Può essere impiegata per tessuti elastici per costumi da bagno, abbigliamento esterno, abbigliamento sportivo, corsetteria, calzetteria, pizzi e nastri elastici.
L’industrializzazione deve essere, a mio avviso, un fattore di miglioramento di vita: l’uomo deve saperla usare per vivere meglio. Invece nel nostromondo il progresso si è impadronita di noi sia fisicamente (le fabbriche soffocano il mondo dell’uomo di cemento) sia psicologicamente tramite il grande megafono, come diceva Montale, che è la pubblicità, che sta avendo un ruolo sempre più grande nella nostra società, nel nostro momento storico. E ciò dipende dalla globalizzazione, che semplicemente consiste nell'aver reso il mondo un unico grande mercato. Mentre un tempo le cellule dell'economia erano le nazioni e le nazioni tentavano di proteggersi per fare in modo che le proprie industrie e la propria agricoltura crescessero al riparo della concorrenza dei paesi esteri, oggi siamo in una situazione in cui si tenta di fare in modo che il mondo intero sia un mercato unico, quindi senza nessun ostacolo di movimento alle merci, ai servizi e ai capitali. Oggi l'economia è dominata da imprese particolari, da protagonisti particolari che sono le multinazionali. Credo che valga la pena di dire per inciso che le multinazionali censite dalle Nazioni Uniti sono 40 mila, di queste 40 mila quelle che hanno un potere talmente grande da poter determinare le sorti dell'economia mondiale non arrivano a 500. 500 multinazionali nel mondo sono responsabili di circa il 25% del prodotto lordo mondiale e controllano circa i 2/3 del commercio internazionale. Questa è una situazione estremamente grave da un punto di vista della democrazia, perché ci rendiamo conto che il potere economico si concentra in pochissime mani. Quando le multinazionali sono riuscite ad ottenere che il mondo fosse ridotto ad un unico mercato, hanno fatto un'amara scoperta, hanno scoperto che il mondo è grande da un punto di vista geografico, hanno scoperto che il mondo è grande da un punto di vista della popolazione (siamo ormai 5 miliardi e mezzo, e ci avviamo ad essere 6 miliardi di persone), ma il mondo è piccolo come consumatori. Bisogna tentare di indebolire il sistema di potere economico per tentare di orientarlo verso comportamenti diversi soprattutto verso una coscienza vera del rispetto dell’ambiente. Noi rappresentiamo i piedi del sistema e sta noi stabilire se vogliamo che questo piedistallo fatto di argilla, che è il mondo su cui viviamo, sia sempre sano per consentirci di viverci, o se invece vogliamo che diventi una poltiglia che ci uccida, composta dagli scarichi che l’uomo produce. Come possiamo tentare di inumidire questa argilla? La possiamo inumidire incominciando ad adottare la cosiddetta tecnica della non collaborazione. Non dobbiamo cercare delle cose astruse e complicate, dobbiamo cominciare a vivere tutti i nostri piccoli momenti della giornata: il consumo nel risparmio. Se avremo questa capacità cominceremo a dire: "Non sono d'accordo" ogni volta che l’industrializzazione commette errori o fatti che non condividiamo. Per noi giovani secondo me bisogna auspicare una vita naturale fatta di buoni alimenti e di esercizio fisico. Un alimento sano, nonostante il virus della mucca pazza, è il latte. Dal punto di vista fisiologico si chiama "latte" il liquido elaborato e secreto dalle "ghiandole mammarie" delle femmine di animali detti "mammiferi". Esso costituisce l'alimento completo ed unico per il mantenimento ed il primo accrescimento dei neonati. La legislazione italiana definisce il latte come il prodotto proveniente dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa delle mammelle di mucche lattifere in buono stato di salute. Il latte di mucca immesso in commercio deve essere "integro" e "genuino"; inoltre il regolamento sulla vigilanza igienica del latte destinato al consumo diretto proibisce la vendita, la detenzione e la somministrazione: di latte che provenga da animali malati o che presenti alterazioni di odore, sapore, colore; del colostro (liquido secreto da 15 giorni prima a 10 giorni dopo il parto). Altri requisiti fissati dal DPR 54/97 sono: che il peso specifico deve essere maggiore di 1,028 g/ml a 10°C; il tenore di grasso (deve essere maggiore del 3,0%); il residuo secco magro (deve essere maggiore di 8,70%); l’indice crioscopico (deve essere inferiore a –0,52°C). Il latte è un liquido opalescente dal sapore dolciastro e a composizione chimica complessa. Il componente presente in maggior quantità nel latte è l'acqua (circa 87%). Se evaporiamo il latte fino a secchezza, eliminando cioè tutta l'acqua presente, per ogni 100 parti di prodotto otteniamo circa 12,5 parti di residuo definito "sostanza secca" che risulta composta da: Grassi, Proteine, Carboidrati (zuccheri) e Ceneri (sali minerali). Dal punto di vista chimico fisico si tratta di una dispersione ove troviamo molte sostanze che costituiscono: una soluzione colloidale (es. proteine), una emulsione (grassi), una soluzione (lattosio e sali minerali), una sospensione (cellule e batteri). Tra tutti i componenti del latte, la frazione lipidica è quella che subisce le maggiori oscillazioni, sia per qualità sia per quantità, in dipendenza della razza di appartenenza, del tipo di alimentazione, dello stato di salute e dello stadio di lattazione dell'animale. Dal punto di vista chimico il grasso del latte risulta costituito da una miscela di gliceridi di acidi grassi, tra cui ricordiamo: acido oleico, acido palmitico, acido stearico, acido butirrico e, in minore quantità, acido capronico, acido caprinico, acido caprilico. Il tenore in grasso è uno dei parametri più significativi per la determinazione della qualità e quindi del valore commerciale di un latte. E' in questa frazione che troviamo le vitamine liposolubili (A, D, E, K) oltre a colesterolo, fosfolipidi, cefaline e lecitine. Il grasso si trova disperso nel latte allo stato di emulsione, cioè sotto forma di minutissime goccioline, dette globuli di diametro compreso tra 0,8 e 12 micron. Tali globuli hanno costituzione fisica complessa giacché sono costituiti da una parte interna composta da trigliceridi, e una parte esterna di rivestimento costituita da una doppia membrana lipoproteica. I globuli di grasso hanno peso specifico inferiore a quello del latte e pertanto tendono a risalire spontaneamente in superficie formando uno strato di crema; tale processo avviene spontaneamente entro le prime 24 ore dopo la mungitura. Da notare, infine, la particolare composizione dei trigliceridi del grasso di latte ricchi in acidi grassi a corta catena (butirrico, capronico, ecc.) responsabili dell’odore e del sapore caratteristico dei derivati del latte; tali componenti, infatti, sono liberati durante i processi lipolitici che avvengono nella maturazione dei formaggi. Le principali proteine del latte sono le Caseine e le Albumine. Le caseine sono le proteine di maggiore importanza nutrizionale, grazie al loro contenuto in amminoacidi essenziali, in calcio ed in fosforo; esse sì trovano disperse nel latte sotto forma di particelle microscopiche, denominate micelle, che, per azione degli acidi o del caglio (sostanza estratta dallo stomaco di bovini, ovini o caprini lattanti e che contiene gli enzimi proteolitici rennina e pepsina) coagulano formando la cosiddetta cagliata, punto di partenza per la produzione dei formaggi. Il liquido che rimane dopo la coagulazione della cascina si chiama "siero" e contiene, in soluzione, le altre proteine, più stabili delle micelle di caseina e molto più finemente disperse, denominate lattoalbumine, di costituzione simile a quella presente nel bianco d'uovo, che per la produzione della ricotta, sono coagulate alla temperatura di 70-80°C in presenza di acidi o sali. A differenza delle caseine, queste proteine non contengono né calcio né fosforo. Notevole importanza rivestono gli "enzimi" contenuti nel latte, sia per quel che riguarda l’aspetto analitico sia per quel che riguarda l’aspetto nutrizionale. Le più importanti proteine appartenenti a questa categoria sono: la fosfatasi, la catalasi, le proteasi, le lipasi e la perossidasi. Lo zucchero tipico del latte, da cui prende il nome, è il "Lattosio"; si tratta di una disaccaride costituito da una molecola di glucosio e una molecola dì galattosio. Nel latte si trova in soluzione e viene facilmente fermentato da alcuni microrganismi, denominati fermenti lattici, che lo trasformano in acido lattico. Questa trasformazione (fermentazione lattica) ha notevole importanza tecnologica nella maturazione delle creme e dei formaggi nonché nella produzione di latti acidi (yogurt, gioddu, ecc.). Le "ceneri" del latte sono costituite da diversi sali minerali, contenenti principalmente calcio, fosforo, sodio, potassio, cloro e zolfo; in quantità trascurabili troviamo magnesio, rame, zinco, ferro manganese e iodio. Il calcio ed il fosforo rivestono un particolare interesse sia dal punto dì vista tecnologico (industria casearia) che alimentare; infatti, questi due elementi sono presenti nelle ceneri in un rapporto (1: 1) ottimale per la loro più completa assimilazione da parte dell'organismo. Anche lo sport promuove lo sviluppo di una vita qualitativamente migliore, perché l’atleta in esso manifesta e esterna tutte le tensioni interne e gli stress. Questo aspetto catartico a livello psicologico, che lo sport crea nel giocatore è ribadito dalla psicologia dello sport, che si differenzia dalla psicanalisi e dalla psicologia clinica per i suoi fini e le sue metodologie: non è una psicologia del profondo che opera alla ricerca di una psicopatologia, ma è piuttosto una psicologia dell'azione che studia in un primo momento una serie di atteggiamenti e comportamenti propri dell'ambito sportivo ed il loro conseguente impatto sulla qualità della prestazione, ed in secondo luogo applicando delle strategie di intervento volte al miglioramento del gesto atletico. Ad ogni modo per fare sport, ci vuole una motivazione, cioè un fattore dinamico del comportamento, che indirizza le attività dell'organismo verso una meta. Questo fattore è rappresentato dall'insieme delle spinte selettive che l'individuo esprime nei confronti dell'ambiente e che lo portano ad affrontare i compiti che gli vengono posti con un diverso impegno. Innanzi tutto dobbiamo premettere che senza una motivazione adeguata non esiste apprendimento: in parole povere, se l'allievo non è interessato a quanto noi facciamo o crediamo di fare per insegnargli i fondamentali e le tecniche varie, ogni sforzo risulterà inutile o quasi. Generalmente la motivazione è generata dallo spirito di competizione verso se stesso, verso i compagni di squadra e verso l’avversario. La prima cosa che l'allenatore deve saper fare, dunque, è interessare, motivare l'allievo e negli sport di squadra anche il rapporto fra i giocatori. Nella pallavolo, il rapporto fra i giocatori è fondamentale: esiste un "opinion leader" su cui si modellano gli altri componenti della squadra. Nella gestione del gruppo è importante tenere sempre presenti tre aspetti: le regole, lo stile di gestione e le responsabilità. Ogni attività di gruppo umana è necessariamente governata da regole che possono essere esplicite o implicite. L’allenatore deve gestire la squadra e quindi cercare di capire a quali consuetudini è legato il gruppo, quali di queste possono essere mantenute e quali devono essere eliminate o modificate. Ogni allenatore deve comunicare in modo chiaro quali sono le sue aspettative di comportamento su tutti gli aspetti dell’allenamento e della partita. Se da una parte è quindi indispensabile che l’allenatore metta delle regole generali, è anche vero che una loro applicazione troppo rigida va a scontrarsi con le esigenze dei singoli atleti (soprattutto nelle squadre non professioniste). Bisogna che si renda disponibile al dialogo e a cercare sempre la soluzione ai problemi, scegliendo il compromesso migliore tra le esigenze della squadra e quelle dell’atleta : otterrà la fiducia del gruppo mostrando competenza tecnica e tattica, capacità di insegnamento e capacità di gestire il rapporto umano, sia con i giocatori, che con l’intero gruppo. In teoria, la formazione che scende in campo dall’inizio dei set dovrebbe essere quella con le giocatrici più forti o più adatte al tipo di gioco che si vuole fare. Non sempre però il sestetto funziona e a questo punto devono entrare le "riserve". Chi parte in panchina entra in una fase di gioco spesso critica, in cui gli è richiesta una prestazione migliore di quella che ha fornito il giocatore titolare e quindi di grandissima responsabilità. Le riserve devono comprendere che quando saranno chiamate in causa, dovranno farsi trovare pronte e determinate perché dal loro rendimento, dipenderà l’esito dell’incontro. Ogni allenatore che si rispetti deve essere capace di prendersi le proprie responsabilità riguardo le sue scelte tecniche, tattiche e di gestione del gruppo. Le principali responsabilità riguardano l’insegnamento tecnico, l’allenamento dei fondamentali e delle fasi di gioco di cui la squadra ha più necessità e la gestione della partita. Un atleta non può scaricare le proprie responsabilità sull’allenatore per un fondamentale male eseguito (quando questo sia regolarmente allenato). Un coach non può pretendere che i suoi atleti improvvisino con efficacia gesti tecnici o situazioni di gioco che non siano state adeguatamente provate in allenamento. Cerchiamo quindi di responsabilizzare ogni atleta a seconda delle sue possibilità e di non assegnargli compiti che non è in grado di eseguire. Gli atleti che imparano meglio e più velocemente sono di solito quelli che cercano di superare i propri limiti spendendo tutte le energie nella ricerca di prestazioni al limite delle proprie capacità. Questo genere di atleti è molto importante perché di solito traina verso l’alto il livello di agonismo sia nell’allenamento che nella gara. I giocatori che sentono molto lo spirito di competizione con i compagni sono positivi per la squadra a patto che non venga mai meno il rispetto per gli altri componenti del gruppo. Le energie del collettivo devono infatti essere indirizzate verso la gara: è in quel momento che ogni giocatore deve fornire la sua miglior prestazione e deve poter riporre la propria fiducia nei compagni in campo. Bisogna che anche noi diventiamo come i giocatori di pallavolo dando una forza di input a quelli che circondano, affinché l’uomo contemporaneo impari a privilegiare la natura alla scienza. Talvolta mi succede di dar ragione a Rousseau che nell’Emilio o l’Educazione diceva che il progresso ha distrutto la naturale felicità dell’uomo, che in origine era un buon selvaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

B I B L I 0 G R A F I A

 

Ho fatto ricorso spesso all’ausilio dell’Enciclopedia Utet.

Ho consultato inoltre i seguenti testi:

F. Antonelli, La preparazione mentale nello sport, 1994, Ed. Pozzi;

M. Ansaldo G. Giuli, Golden pages, 2001, Petrini;

F. Cerilli,, Merceologia, Tramontana, 1999;

G. Volpicella, Il manuale della pallavolo, 1994, ed. Idealibri;

F. Teulion, Dizionario di economia, Ed. Tascabili Economici Newton.

 

F. Traniello, Corso di Storia Contemponea, Ed. Sei;

S. Gugliemino H. Grossier, il Sistema Letterario, ed. principato, 1992, Milano;